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Lettori fissi

Un piccolo diario che ha come filo conduttore il mio amore per la montagna e per i viaggi in genere... ma anche pensieri e riflessioni su quello che mi circonda perché il vero esploratore è colui che non ha paura di spogliarsi delle ipocrisie e aprirsi all'ignoto.

giovedì 28 maggio 2020

Il castello di Arco

Poco a nord di Riva del Garda, adagiata nella piana del Sarca, sorge l'amena città di Arco. Questa raffinata località è un classico posto dove passare le vacanze per la dolcezza del clima mediterraneo (influenzato dal vicino Garda) e la generosità della natura circostante. Quello che attira immediatamente l'attenzione quando ci si avvicina ad Arco da Sud è il suo castello che sorge su un vero e proprio alto scoglio roccioso visibile da lontano.
Lascio l'auto in un parcheggio cittadino e mi godo dal basso la vista della rocca che incombe sull'intero abitato e che sarà la meta di questa mia visita.
Seguendo le indicazioni, arrivo in Via Segantini, ai piedi dello sperone roccioso e imbocco un sentiero che con scalini acciottolati guadagna rapidamente quota. Tra gli ulivi, la macchia mediterranea e qualche punto di sosta comincio ad intuire il panorama che sarà possibile godere da lassù. 
Questa zona, denominata costa, è di sicuro interesse per il sistema a terrazzamenti delimitati da muri a secco che la caratterizza e per la presenza di essenze che difficilmente si trovano a queste latitudini come corbezzoli, agavi, ginestre e i già citati ulivi del Garda.
Interessante e travagliata la storia del nostro castello.
Questo luogo era abitato fin dal 300 a.C. ma le prime notizie sulle fortificazione del sito risalgono all'anno Mille; il primo documento scritto sul castello risale invece al 1196 quando Federico d'Arco dichiara il castello come proprietà legittima degli abitanti del borgo sottostante. Il fortilizio rimarrà per lungo tempo sotto l'influenza dei d'Arco. Nel corso della sua storia il castello fu più volte assediato da alcuni signori locali (Seiano, Lodron) e dalla Serenissima che riuscirono a conquistare il borgo ma non il maniero che rimase inviolato in questa tumultuosa fase della sua storia.
Nel 1495 il pittore tedesco Albrecht Durer ritrasse il castello in un acquerello ora conservato al Louvre di Parigi. 
Si può osservare che castello e borgo sottostante formavano un unico sistema difensivo.
Nel 1579 Ferdinando II Arciduca del Tirolo collocò i suoi capitani nel castello di Arco e nel vicino Castel Penede a Nago. Trentacinque anni dopo il nostro castello tornò sotto l'influenza dei Conti d'Arco.
Nel 1703, a causa della guerra di successione al trono di Spagna, le truppe francesi del Generale Vendòme misero sotto assedio il castello e, dopo un intenso bombardamento, costrinsero alla resa la guarnigione che lo difendeva. 
Termina qui la storia bellica del castello.
Le rovine diventarono cava per gli abitanti del paese sottostante che traevano materiale per la riparazione degli edifici danneggiati dalle artiglierie francesi. 
Nonostante la rovina, il maniero rimase proprietà dei Conti d'Arco fino al 1982 quando il comune di Arco lo acquistò.
Nel 1986 furono avviati lavori di restauro dalla Provincia di Trento e in seguito il sito fu portato alla fruizione dei numerosi visitatori.
Dopo aver superato la costa con un dislivello di circa 120 metri, mi trovo ad attraversare l'antica e angusta porta di ingresso che consentiva l'agevole controllo di chi vi accedeva; da qui sono al cospetto del primo bastione difensivo e della zona che ospitava i giardini e gli orti che davano autosufficienza al castello in caso di assedio;
questa zona, chiamata Prato della Lizza è un formidabile balcone che consente una splendida vista di oltre 180 gradi verso mezzogiorno con la verde valle attraversata dal nastro liquido del Sarca che termina la corsa nell'azzurro scintillante del Garda. 
Panchine strategicamente posizionate permettono di godere di questo spettacolo in tutta pace e sernità.
A sovrastare il Prato della Lizza, si ammira la duecentesca mole merlata della Torre Grande con le sue tre pareti superstiti alte venti metri;
ai suoi piedi, come testimoniano i ruderi presenti, si sviluppava l'area destinata ad accogliere la popolazione in caso di emergenza ma anche officine, forni, cisterne e una piccola chiesa.
Proseguendo sul percorso, nella roccia ai piedi della Torre Grande ci imbattiamo nella prigione del Sasso che, in origine, era una costruzione più articolata,
vi fu imprigionato lungamente il Conte Galeazzo d'Arco dal fratello Francesco;
tra le mura del castello si trovava quindi una sorta di tribunale e il sistema carcerario. Il castello era di fatto una vera città autosufficiente nella città.
Alle spalle della Torre Grande, sorgono i resti della Torre della Stua il cui ingresso, ostruito da materiali di crollo, venne liberato con i già citati lavori di restauro del 1986; all'interno di un suo vano, la cosiddetta sala dei giochi, venne rinvenuto uno splendido ciclo di affreschi profani del Trecento che raffigurano scene di vita cortese testimoniando la raffinatezza della corte dei signori di Arco.
Nei pressi c'è un centro multimediale dove è possibile visionare un documentario su questo ritrovamento.
Per mezzo di una scala in metallo e legno si sale ancora.
Giro attorno alla Torre Grande per osservare il lato crollato
e il panorama sempre più ampio.
In cima si trova l'ultimo rifugio in caso di assedio.
La Torre Renghera che con la sua campana denominata Renga dava l'allarme.
E' la torre più antica con unico ingresso che si apriva a 7 metri di altezza cui si accedeva con scala in legno che veniva ritirata in caso di assedio. Da qui si gode il panorama migliore con lo sguardo che si spinge dalla Paganella
al Garda con il Monte Brione che separa Riva del Garda da Torbole.
Un sentiero mi porta fuori dal muro del rivellino; mi inoltro nella boscaglia di lecci e scendo lungo il ciglio della rupe fino alla Torre di Guarda verso Laghel,
estremo baluardo occidentale del castello dalle cui tre finestre la guarnigione di soldati poteva controllare agevolmente le tre direttrici viarie che portavano al castello.
Ho praticamente concluso il giro di questo affascinate maniero. Un sentiero mi conduce al Prato della Lizza e da li scendo al centro di Arco dove, prima di riprendere l'auto, volgo un ultimo sguardo di ammirazione a questa meraviglia.
Un caro saluto.

lunedì 25 maggio 2020

Cibiana di Cadore - Il paese dei murales (985 m.)

In Cadore esiste un minuscolo paese defilato dal turismo di massa e protetto dalle sue bellissime montagne che merita sicuramente una visita. Il suo nome è Cibiana di Cadore.
In una tiepida mattina, con cielo velato da sottili nubi, ci dirigiamo alla volta di questo antico borgo. Per arrivarci, partendo da Pieve di Cadore, percorriamo la strada Alemagna in direzione Cortina e, nei pressi di Venas, prendiamo a sinistra una strada laterale (indicazioni in loco per Cibiana e Val di Zoldo). Dapprima perdiamo quota poi, con alcuni tornanti, risaliamo verso i 1050 metri s.l.m. della nostra meta. Su questo ultimo tratto di strada occorre prestare attenzione nell'incrociare i rari veicoli, specie i bus, provenienti dalla direzione opposta.
Il borgo conta una popolazione residente che non raggiunge le 400 anime e da subito respiriamo l'aria pulita di un posto vero, di gente semplice, dove la passione per la vita di montagna è ancora ben salda. 
Lasciamo l'auto nei pressi della Chiesa e del Municipio.
Da una balconata possiamo ammirare il piccolo borgo. 
Il paese è formato da antiche dimore, alcune delle quali risalenti addirittura al Sec. XVI, che si affacciano su ripide e solitarie stradine. 
Uno dei principali motivi che attrae i visitatori a Cibiana sono i suoi murales, che le hanno affibbiato la qualifica di "Paese dei Murales".
Queste pitture, realizzate da artisti giunti anche da Russia e Giappone, sono disseminate sulle pareti delle case e ne raccontano la storia.
Passeggiamo in splendida solitudine tra queste case e i loro muri ci parlano di arti, antichi mestieri, leggende, feste e della vita di un tempo oramai perduto;
una autentica memoria collettiva che decora graziosamente l'abitato. 
Col tempo si è andato così a formare una sorta di museo all’aperto che vanta oltre 50 opere che danno vita ad un percorso artistico unico nel suo genere nelle Dolomiti. 
Le montagne che circondano Cibiana in passato sono state sfruttate per la presenza del ferro. Nell'ex Ufficio delle Miniere è stato allestito il Museo del ferro e della chiave.
Se si ha tempo, proseguendo per la strada che abbiamo percorso con l'auto, si può arrivare al Passo Cibiana e da li percorrere a piedi un sentiero panoramico che porta sulla cima del Monte Rite dove, accanto al rifugio, si può visitare il museo più alto d'Europa: il Messner Mountain Museum Dolomites o Museo nelle Nuvole. Qui una serie di reperti, foto, studi e opere d'arte racconta la storia dell’esplorazione e dell’alpinismo dolomitico.
Ma noi abbiamo solo voglia di silenzio e relax per goderci anche qualche raggio di sole che finalmente fa capolino tra le nubi alte e sottili.
Un caro saluto

sabato 23 maggio 2020

Il Museo Egizio di Torino

Il fascino che solo la civiltà egizia sa esercitare mi ha accompagnato sin dall'infanzia. Nel corso degli anni ho avuto modo di visitare l'altopiano di Gizah con le sue immense piramidi
e l'enigmatica Sfinge
nonché il Museo Egizio del Cairo che, ovviamente, è il più importante al mondo per importanza e numero dei reperti conservati. 
Subito dopo troviamo il Museo Egizio di Torino che, tra l'altro, è il più antico al mondo tra quelli interamente dedicati alla civiltà dei Faraoni. Occorre sapere che a seguito delle campagne napoleoniche in Egitto, in tutta Europa si sviluppò curiosità per questa antica civiltà che diventò anche una moda e argomento di conversazione nei salotti bene dell'epoca. Tuttavia a Torino, ancor prima di questo fermento culturale, nella seconda metà del 1700, furono inviati alcuni importanti manufatti dall'egittologo padovano Vitaliano Donati. Il piemontese Bernardino Drovetti, console generale di Francia durante l'occupazione napoleonica già citata, iniziò una collezione imponente di oltre 8.000 reperti tra mummie, sarcofagi, monili, papiri e gioielli. Nel 1824 il re Carlo Felice acquistò l'intera collezione per la cifra di 400.000 Lire che, insieme ad altri reperti posseduti dalla casa reale sabauda, costituì il nucleo originario del primo Museo Egizio al mondo. Al termine del 1800, il Direttore del Museo, Ernesto Schiapparelli, acquisì nuovi reperti e si mise personalmente a capo di importanti campagne di scavo in Egitto; come non citare la scoperta nella Valle delle Regine della stupenda tomba di Nefertari, sposa di Ramses II, o quella dell'architetto faraonico Kha ritrovata a Tebe intatta del suo corredo funerario, ora custodito al Museo. Nel 1930 l'importante collezione archeologica contava oltre 30.000 reperti in grado di illustrare tutti gli aspetti di questa magnifica civiltà.
Ho visitato questo museo negli anni '80 e aveva l'impronta di una raccolta ben ordinata ma che ricordava le atmosfere polverose di "Indiana Jones", comunque molto simili a quelle che ancora si respirano nell'omonimo museo della capitale egiziana.
Recentemente (nel 2015) il Museo è stato completamente ristrutturato raddoppiando la sua superficie espositiva portata a 60.000 metri quadri su quattro livelli. Amici che avevano avuto modo di visitarlo dopo la ristrutturazione mi avevano riportato meraviglie per cui, appena mi è stato possibile, in compagnia di Elena, ho preso il Frecciarossa per Torino per immergermi ancora una volta nelle atmosfere magiche degli antichi Egizi.
In una piovosa mattina ci dirigiamo verso il Palazzo dell'Accademia delle Scienze ove il museo è ospitato; 
una breve fila e poi accediamo al piano interrato per l'acquisto dei biglietti e la consegna delle audioguide. Tramite queste ultime riceviamo il benvenuto registrato dal Direttore del Museo e poi è un susseguirsi di sale ottimamente attrezzate e illuminate per un'esperienza immersiva in un epoca oramai perduta. 
Non starò qui a illustrare tutto il percorso (davvero vasto e articolato) ma mi limiterò a postare qualche foto da me scatta al suo interno.
Al termine del percorso espositivo si potranno acquistare libri, papiri, souvenir e oggettistica legata agli antichi Egizi in un fornitissimo book shop.
Un caro saluto.