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Lettori fissi

Un piccolo diario che ha come filo conduttore il mio amore per la montagna e per i viaggi in genere... ma anche pensieri e riflessioni su quello che mi circonda perché il vero esploratore è colui che non ha paura di spogliarsi delle ipocrisie e aprirsi all'ignoto.

giovedì 22 dicembre 2011

Buon Natale

Giunga a tutti quelli che passano di qui un sincero augurio per un sereno Natale. Se potete passatelo con i vostri cari, dimenticando per un attimo le brutte notizie che arrivano copiose e riflettendo sui veri valori della vita.
Io me ne starò con mia figlia nel mio angolo di paradiso tra una discesa sugli sci ed un frico fumante. Dove? Nella foto una traccia della mia destinazione.
Buon Natale a tutti!

venerdì 11 novembre 2011

Tutta colpa degli Italiani!

Girando in lungo e in largo per il sud del Libano, spesso ho carpito tra la gente che frequentavo la frase "C'est la faute aux Italiens!" la cui traduzione è riportata nel titolo del presente post. 
I Libanesi la pronunciano spesso quando si trovano di fronte ad un problema di difficile soluzione a cui non sanno a chi far risalire la responsabilità (o non vogliono). La potremo paragonare al nostro "Tutta colpa del Governo" ma, mentre il nostro sfogo è immediatamente comprensibile, ho faticato non poco a capire cosa centrassimo noi Italiani con i tanti guai che affliggono il Libano, tanto più che siamo molto rispettati e amati nel paese dei Cedri. 
Il mio interprete Nasser mi disse una volta che la frase è legata ad un episodio della guerra avvenuto tra Italiani e Turchi in Tripolitania ma che nessuno oramai si poneva più queste curiosità. Gli Italiani vengono tirati in ballo senza troppi perchè, ma senza acredine e cattiveria.
Convinto che l'episodio che aveva originato questo singolare modo di dire fosse interessante, ho fatto alcune ricerche.
Siamo nel 1912, esattamente il mattino del 24 febbraio, di fronte alla città di Beirut due incrociatori corazzati italiani bloccano l'ingresso del porto. Si tratta delle unità "Garibaldi" 
e "Ferrucci" 
che, al termine di un inseguimento, avevano bloccato nel porto della capitale due navi della Marina Militare Turca: la cannoniera corazzata "Aunullah" e la torpediniera "Angora".
Il comandante italiano chiede perentoriamente al Wali (governatore ottomano della città) Hazem Bey la consegna, entro otto ore, delle due navi turche altrimenti sarebbero state cannoneggiate.
In breve il porto si affolla di curiosi che accorrono anche per solidarizzare con i marinai turchi.
Poco prima dello scadere dell'ultimatum, dalle due unità italiane partivano alcune raffiche di mitragliatrice per tentare di disperdere la folla al fine di ridurre al minimo eventuali perdite umane di civili.
Trascorse inutilmente le otto ore concesse ai Turchi, gli Italiani aprono il fuoco con le artiglierie colpendo ed affondando le due navi turche.
Il breve bombardamento italiano ha come inevitabile effetto collaterale il danneggiamento di importanti edifici adiacenti il porto: la Banca Ottomana, la Banca di Salonicco, i depositi doganali.
La confusione che si diffonde nella popolazione permette a molti musulmani di assalire una caserma e saccheggiarne l'armeria. Segue una sorta di ribellione con i rivoltosi che creano panico e danni: saccheggi di negozi ed abitazioni, aggressione agli Europei che hanno la sventura di trovarsi per strada. Oltre 40.000 abitanti fuggono verso il Monte Libano mentre gli stranieri trovano accoglienza negli edifici dell'Università Americana.
Solo con lo stato d'assedio, istituito dal Wali, la calma viene faticosamente imposta.
Al termine degli incidenti si contano 84 morti (4 stranieri) e altrettanti feriti.
Le autorità libano-ottomane, dopo la quantificazione dei danni, chiedono al Regno d'Italia il risarcimento in quanto era stata violata la neutralità della città. L'indennizzo arriva sul finire del 1914 ma viene trattenuto dal Wali; niente sarà corrisposto alle vittime dei danneggiamenti.
Chi conosce la storia del Libano, e del Medio Oriente in genere, sa che i segreti, grandi o piccoli che siano, non rimangono tali a lungo per cui la voce dell'indennizzo italiano si diffonde rapidamente tra la popolazione. Una delegazione di cittadini si presenta sotto il Serail (il palazzo del Governatore) per reclamare i dovuti risarcimenti. Il Wali nega di aver ricevuto alcun indennizzo pronunciando la frase oggetto del presente post e fa disperdere la folla con la violenza.
Ma non è finita qui. Pochi mesi dopo, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, a Beirut mancano all'improvviso e senza apparente motivo i generi di prima necessità a causa delle speculazioni condotte disinvoltamente dalla casta del Wali. Le note di linguaggio che Hazem Bey diffonde recitano sempre "Tout cela est la faute aux Italiens".
E' da allora che noi Italiani veniamo chiamati in ballo in Libano ogniqualvolta le cose non funzionano come dovrebbero. 
E' singolare, comunque, la somiglianza del nostro popolo con quello libanese: siamo tutti convinti che le responsabilità siano sempre degli altri... altri chi? Questa è un'altra storia!
Un caro saluto.

martedì 18 ottobre 2011

Quando Pramollo stava all'Equatore

Questo pomeriggio mi ha scritto Andrea Baucon, paleontologo presso l'UNESCO Geopark Naturejo in Portogallo. Mi ha invitato ad una conferenza e mi ha pregato di segnalarla su questo blog. Lo faccio volentieri perchè mi sembra estremamente interessante.
La conferenza "Quando Pramollo stava all'Equatore" sarà realizzata in collaborazione con il Prof. Corrado Venturini dell'Università di Bologna. La presentazione racconterà il patrimonio geologico di Pramollo (unico al mondo) attraverso l'esperienza dei due geologi, profondi conoscitori della più antica anima del settore Pramollo-Lanza.
Non sarà un appuntamento solamente scientifico, ma culturale; infatti si intende promuovere la valorizzazione in ambito geologico e turistico-culturale al fine di ampliare le attrattive del territorio friulano, in sintonia con le più recenti tendenze nell'outdoor tourism.
La conferenza è aperta al pubblico.
Io non so se potrò essere presente ma cercherò di non mancare.
Un caro saluto.

domenica 25 settembre 2011

Il Santuario di Castelmonte

Il Friuli è stato, ed è, terra di grande devozione cristiana. Numerosi sono i luoghi di culto che costellano i rilievi della regione. Castelmonte è, insieme al Lussari, il più famoso e antico santuario della regione.
Il santuario è noto ai Friulani col nome di Madone di Mont e si eleva, visibile da grande distanza, su un colle di 618 metri che agisce da spartiacque tra i fiumi Judrio e Natisone.
Parto di primo pomeriggio di una calda giornata di luglio per una visita a questo luogo di grande suggestione. 
Per arrivarci e sufficiente dirigersi verso Cividale del Friuli e, poco prima di entrare nella città, seguire le numerose indicazioni che portano, attraverso una bella strada di montagna che si arrampica con qualche tornante, fino al grazioso borgo medievale raccolto attorno al santuario. Per chi arriva da fuori regione è consigliabile prendere l'autostrada fino a Udine sud, proseguire per Buttrio-Gorizia, poi per Cividale ed, infine, per Castelmonte.
La strada che sale al colle, lunga nove chilometri, è percorsa quotidianamente a piedi da pellegrini come voto di devozione alla Madonna del Monte al fine di ottenere la sua protezione. 
Questa strada porta ad un grande parcheggio ai piedi del borgo da cui si ha una bella visuale del complesso architettonico. 
Fortunatamente il piazzale è quasi vuoto per cui la visita sarà sicuramente serena e rilassante.
Questo posto attira molti fedeli da tutto il Triveneto e dalle vicine Carinzia e Slovenia; ad ogni modo il sito è diventato anche un richiamo turistico per la valenza storica, culturale e ambientale che riveste.
La storia del luogo, come prevedibile, affonda nella leggenda: durante una disputa tra il bene e il male, ci fu una sorta di competizione tra la Madonna e Satana per chi arrivava prima a Castelmonte partendo dalla vicina Cividale. L'esito fu scontato e il demonio fu inghiottito in una voragine del Monte Spich.
Leggende a parte, appare probabile che la costruzione del primo edificio religioso risalga al periodo del tramonto dell'Impero Romano d'Occidente, probabilmente dopo il 431 d.C. quando il Concilio di Efeso riaffermò la divina maternità di Maria incrementando la diffusione del culto mariano.
Negli anni '60 furono ritrovati sul fondo della cripta i resti di pavimentazione risalenti al '500 che confermano la presenza di strutture durante le invasioni barbariche. E' presumibile che Castelmonte inizi a svilupparsi durante la dominazione longobarda fino a diventare una delle chiese più importanti di tutto il Patriarcato di Aquileia. Nei secoli successivi altri edifici sorsero attorno al santuario contribuendo a formare l'attuale piccolo borgo. 
Nel 1469 un fulmine centrò il campanile e incendiò la chiesa.
L'intero borgo, nel novembre del 1943 fu oltraggiato da colpi di artiglieria tedeschi.
Dal parcheggio, per i più pigri, è possibile portarsi, con la macchina, ad un parcheggio secondario sito alle spalle del santuario che consente di evitare la breve salita. Nonostante il caldo, percorro l'acciottolato 
che conduce ad un arco di pietra ed entro nel borgo.
Una stretta stradina ci conduce ad uno slargo con un bel pozzo del 1643 nel suo centro; da un lato, protetto da balconata, si gode uno splendido panorama su Cividale e la pianura friulana. 
Una breve sosta per godere del silenzio e della tranquillità che alberga in questo posto.
Sono ai piedi della scalinata di accesso al tempio.
Percorse le scale, entro nella chiesa. 
Gli interni sono ben illuminati e di tipo moderno. Alcune scalinate permettono di scendere nella cripta, la parte più antica; ma tutto l'ambiente ha perso l'aspetto antico che altre cripte presentano. Suggestiva è la raccolta di ex-voto che i fedeli hanno donato al tempio; un vero estratto di cultura popolare e genuina devozione religiosa. 
Esco di nuovo all'aperto, scendo la scalinata e, a metà strada, prima di arrivare alla piazzetta del pozzo, devio sulla sinistra dove si apre un piazzale ombreggiato da un grande ippocastano sotto le cui generose fronde mi siedo a prendere refrigerio.
Dopo aver fatto visita ai due negozietti che vendono souvenir religiosi, sosto nei pressi dell'altro portale in pietra che un tempo veniva chiuso durante la notte per proteggere il borgo da banditi e predoni. 
Ritornato al parcheggio, salgoo, dalla parte opposta, al Colle della Croce, un parco con sentieri, fontanelle, piazzole e punti panoramici immersi in un fitto bosco.
Un sentierino porta fino ad una croce in ferro alta 12 metri, illuminata di notte e visibile da grande distanza.
Molto bella una balconata dalla quale do un ultimo sguardo a questo grazioso borgo sospeso nel tempo.
Purtroppo il tempo è tiranno e sono costretto a scendere verso valle e ad immergermi nuovamente nel traffico e negli affanni quotidiani.
Per saperne di più potete visitare il sito ufficiale del santuario.
Un caro saluto.

lunedì 14 marzo 2011

La miniera di Raibl a Cave del Predil

Sono rientrato da poco dal Libano per un paio di settimane di riposo. Che meraviglia riassaporare le consuetudini della vita comoda! Il mio appartamento, se pur freddo per i quattro mesi di chiusura, mi accoglie con tutto il confort di una casa arredata in un momento buio e, pertanto, volutamente colorata e allegra. E i pochi amici, quelli veri, ancora qui ad aspettarmi, con i loro casini, le loro aspettative, le loro novità... tutto contribuisce a creare un'atmosfera rarefatta di sospensione... di dolce attesa di qualcosa che (forse) non arriverà mai.
Ieri mattina avevo una voglia matta di andare in montagna a calpestare la neve. La mia idea è quella di un giro nel Tarvisiano e una salita al Lussari. In breve i dettagli sono definiti.
La domenica, nel silenzio della mia camera e del parco che circonda la casa, i miei sensi ancora intorpiditi dal sonno percepiscono il rumore leggero della pioggia. Sarà così per quasi tutta la giornata ma non mi lascio scoraggiare. Colazione abbondante e poi in autostrada, diretto verso le terre alte.
La macchina divora chilometri di asfalto bagnato; la campagna circostante, ancora assopita dal lungo inverno, offre immagini che in Libano sono inconsuete.
In breve sono in vista delle Prealpi Giulie, subito dopo entriamo in Val Canale. Il viaggio scorre rapido perchè il traffico è scarso.
All'arrivo a Tarvisio, non posso non fermarmi all'enoteca/bar DAWIT della mia amica Benvenuta. L'accoglienza è subito cordiale, lei e il marito Gino mi salutano con grandi sorrisi; qualche breve scambio di notizie poi numerosi avventori, entrati in quel momento, ci separano. Mi siedo a sorseggiare un caffè accompagnato da una deliziosa torta di ricotta. Fuori continua a piovere. Salire al Lussari non è una buona idea; mi viene in mente che non ho ancora visitato la Miniera di Raibl con il trenino finalmente in funzione; credo sia la cosa migliora da fare (in miniera non piove). Qualche acquisto di marmellate e prodotti particolari, la promessa di ripassare in serata per salutare i padroni di casa e mi dirigo verso Cave del Predil.
Telefono alla direzione della miniera (0428 68257) e prenoto la visita; me la danno per le 15. Superata Tarvisio, l'indicazione per i vicini Laghi di Fusine mi fa venire il desiderio di vedere se sono ghiacciati (d'altronde ho quasi tre ore da ammazzare).
Il cielo è sempre più grigio ma ha smesso di piovere. In quindici minuti arrivo al lago inferiore.
La calma ed il silenzio regnano sovrani in questa conca circondata da aspre montagne.
Una sottilissima lama di ghiaccio ricopre parzialmente il lago e sotto di esso l'acqua è, come sempre, verdissima e trasparente.
Percorro, in un paesaggio cristallizzato, un tratto della riva respirando a pieni polmoni un aria frizzante e pura.
Decido di infilarci al caldo della Capanna Edelweiss, un graziosissimo alberghetto/ristorante; c'è pochissima gente; mi chiedono se ho prenotato, alla mia risposta negativa mi fanno accomodare dove voglio (mah!). Sono rilassati, al caldo, con splendida vista sull'esterno. Ordino spatzle, ricotta affumicata e pancetta e un frico con polenta. La conversazione degli avventori si fa lieve (i problemi del nostro pianeta li avevo risolti in macchina prima di arrivare). Dopo un caffè è tempo di ripartire per andare in miniera (se se! Te la do io la miniera!).
Arrivo a Cave del Predil e entro nel Museo della Tradizioni Mineraria dove c'è anche la biglietteria per la miniera. Ero già stato qui nell'estate del 2008 e mi ero ripromesso di tornarci non appena il trenino fosse stato messo in funzione; così non è stato ma... meglio tardi che mai.
Tralascio la descrizione del museo già effettuata nel precedente post.
Le visite sono organizzate in gruppi accompagnati da ex minatori che, durante il tragitto, illustrano la storia della miniera, le tecniche di coltivazione del giacimento ed altre informazioni curiose e interessanti.
All'ingresso ci consegnano il caschetto di protezione e entriamo nelle viscere del Monte Re.
La visita si svolge con le stesse modalità di tre anni fa; la guida ci illustra il funzionamento di un fornello
(pozzo verticale che mette in comunicazione due livelli diversi della miniera per far cadere il minerale    verso il piano stradale dove veniva caricato sui vagoncini per mezzo di tramogge);
e ancora gli antichi cantieri che seguivano fedelmente le vene del minerale.
E finalmente arriviamo al trenino.
Qui ci fanno accomodare e dopo le raccomandazioni di rito, si parte.
Il trenino si infila in uno stretto budello di roccia e dopo circa 500 mt. si ferma nell'ampio Camerone di S. Barbara, antro spettacolare dove si celebra la S. Messa il 4 dicembre, giorno dedicato alla Santa protettrice dei minatori. La discesa dal trenino non è indolore: qualcuno dà zuccate contro il tetto metallico del convoglio con risate e commenti improponibili sull'utilità del caschetto e su quello che protegge. 
Dal Camerone si passa al Pozzo Layer dove ci illustrano il funzionamento dell'argano azionato ad acqua (ancora efficiente). 
La visita continua attraverso basse gallerie dove occorre procedere piegati;
si incontrano vecchi cantieri,
faglie, attrezzature varie, fornelli e altro, 
il tutto con una temperatura costante di circa 11° e umidità al 98%.
Senza accorgercene, passa più di un'ora quando ritorniamo al trenino per dirigerci verso l'uscita.
La visita è finita; usciamo alla luce grigia del pomeriggio inoltrato. Salto in macchina e torno a Tarvisio per fermarmi ancora da DAWIT; il locale, caldo e accogliente, mi invita a sedermi nuovamente e passare ancora qualche spicciolo di questa domenica; Benvenuta è sempre sorridente e gentile. Le grandi finestre mi rendono suggestive immagini di nebbie e vapori che dalle cime vicine scendono a valle circondando gli abeti e i faggi. 

Non vorrei andare via ma oramai è quasi buio per cui saluto gli amici e rientro in pianura sotto una pioggia che non ci abbandonerà più.
In bassa stagione è possibile entrare nella miniera alle 10 e alle 15 escluso il lunedì; in alta stagione le visite sono più frequenti ed è consigliabile prenotare per tempo.
Un caro saluto.
Aggiornamento del 5 settembre 2012: le visite non vengono più guidate da ex-minatori ma da ragazzi e la differenza è notevole. Un vero peccato che la passione e la competenza dei "vecchi" minatori non venga posta in giusta evidenza. La biglietteria ora si trova presso il Museo della Guerra di Cave del Predil; pare che alla base di questi cambiamenti ci sia stata una gara di aggiudicazione dei servizi turistici. Il biglietto di accesso al Parco Geominerario (come si chiama ora) è di € 8.

sabato 5 marzo 2011

Signore delle Cime

Dio del cielo,
Signore delle cime,
un nostro amico hai chiesto alla montagna.
Ma ti preghiamo:
su nel Paradiso lascialo andare per le tue montagne.

Santa Maria,
Signora della neve,
copri col bianco, soffice mantello,
il nostro amico, il nostro fratello.
Su nel Paradiso lascialo andare
per le tue montagne.

                                                                     Bepi De Marzi
Nel cuore nessuna croce manca...

domenica 2 gennaio 2011

Un soldato

Sono stato quello che gli altri non volevano essere.
Sono andato dove gli altri non volevano andare.
Ho portato a termine quello che gli altri non volevano fare.
Non ho preteso mai niente da quelli che non hanno dato mai nulla!
Con rabbia ho accettato di essere emarginato come se avessi commesso uno sbaglio.
Ho visto il volto del terrore,
ho sentito il freddo morso della paura,
ho gioito per il dolce gusto di un momento d'amore,
ho pianto, ho sofferto e ho sperato...
... ma più di tutto, ho vissuto quei momenti che gli altri dicono sia meglio dimenticare.
Quando giungerà la mia ora, agli altri potrò dire che sono orgoglioso per tutto quello che sono stato...
... un soldato!

                                                                   George Skipeck

Buon anno a tutti!