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Lettori fissi

Un piccolo diario che ha come filo conduttore il mio amore per la montagna e per i viaggi in genere... ma anche pensieri e riflessioni su quello che mi circonda perché il vero esploratore è colui che non ha paura di spogliarsi delle ipocrisie e aprirsi all'ignoto.

giovedì 13 agosto 2020

Latemar

L'escursione di oggi ci porta sull'Alpe di Pampeago al cospetto della meravigliosa isola fossile del Latemar.
Dalla frazione di Stava, comune di Tesero nella verde Val di Fiemme ove siamo alloggiati, prendiamo l'auto e con una breve salita giungiamo agli impianti di risalita di Pampeago a quota 1757 metri dove, sfruttando un coupon datoci in hotel acquistiamo a soli € 14 i titolo di viaggio per gli impianti a fune di tutta la valle per l'intera durata del nostro soggiorno.
La giornata è splendida e in breve siamo seduti sulla funivia che ci porta al Rifugio Monte Agnello a quota 2180 metri.
Il panorama è reso incantevole dall'aria eccezionalmente limpida per un vento teso che ristora. 
Il sentiero che abbiamo in animo di percorrere si sviluppa a sinistra del rifugio ma prima sostiamo nei suoi pressi per goderci il paesaggio circostante.
In particolare il Latemar ci rapisce subito per la sua bellezza isolata e austera. 
Dopo qualche foto di rito ci mettiamo in cammino.
Il sentiero si sviluppa, con piacevoli saliscendi, lungo un vero e proprio giardino di fioriture multicolori. Giungiamo dopo mezz'ora ad un impianto di risalita chiuso perché asservito ad una pista da sci. Nei pressi un bacino artificiale destinato ad alimentare i cannoni spazzaneve in inverno e con funzioni antincendio in estate. 
Da qui il sentiero n. 515 perde quota puntando verso nord.
Si superano alcuni saliscendi; il luogo è poco frequentato per cui ci godiamo appieno questa escursione.
Sul percorso incontriamo un piccolo gregge.
Il sentiero è corredato di numerosi cartelli che spiegano l'evoluzione geologica di questo interessante sotto-gruppo dolomitico. 
Ogni scusa è buona per fermarci e riempirci l'animo di tanta bellezza.
Raggiungiamo infine il Passo Feudo aperto sull'Alpe di Pampeago a 2200 m. s.l.m. 
Da qui passa il confine con l'Alto Adige. Ci si può arrivare anche con la funivia che parte dal paese di Predazzo.
Siamo ai piedi del Latemar.
Giriamo attorno al rifugio incantati per tanta bellezza con vedute straordinarie sul Lagorai e le Pale di San Martino.
Decidiamo di fare una sosta alla baita Passo Feudo
di proprietà della Regola Feudale di Predazzo.
Ci sediamo comodi io ordino un "caffè confuso", una vera delizia.
Terminata la sosta decidiamo di tentare la salita al Rifugio Torre di Pisa proprio sulla cresta del Latemar. 
Il cartello indica un'ora e mezza di cammino; le forze ancora ci assistono per cui cominciamo a salire per il sentiero n. 516.
Saliamo, all'inizio in maniera decisa e poi più dolcemente, in mezzo a un pascolo fiorito.
Il Rifugio Torre di Pisa fa capolino guardando in alto. Visto da sotto, sembra in bilico sulla cima; appare vicino ma è solo l'effetto dello zoom della mia fotocamera.
Sul primo tratto di sentiero si incontrano gli omeneti: classici segnavie di sassi fatti dagli escursionisti  per segnalare il percorso in caso di nebbia.
Continuiamo a salire in mezzo al verde.
Ci avviciniamo al primo tratto di sassi e rocce raggiungendo un bivio con il sentiero n. 22 che sale dalla Mayer Alm.
Ci teniamo sul  516 che, purtroppo, è interrotto per dei lavori in quota; per proseguire dobbiamo affrontare un ripido declivio erboso. Con fatica riusciamo a superare l'interruzione e guadagniamo una sella erbosa.
Stanchi ci fermiamo per una sosta e per fare il punto della situazione. La deviazione non prevista ci ha provati; camminiamo da più di quattro ore e dobbiamo rifare tutta la strada in senso inverso per essere alla funivia di Monte Agnello prima delle 17,15 onde evitare di trovarla chiusa. L'ultimo sguardo al rifugio, che appare ancora lontano, ci fa optare per il rientro.
Dopo esserci riposati riprendiamo il cammino in senso inverso.
Giungiamo al Passo Feudo dove ci fermiamo ad osservare il panorama da un belvedere mozzafiato.
Qui facciamo un incontro con un grano alpino che si lascia cullare dalle correnti ascensionali molto vicino a noi.
Riprendiamo il cammino del ritorno; purtroppo le salite non sono terminate.
Il gregge che abbiamo incontrato all'andata ha cambiato posto rifugiandosi all'ombra di una baracca. Un animale più audace degli altri cerca, con scarso successo, di scambiare due chiacchiere con noi.
Proseguiamo e raggiungiamo il bacino artificiale.
Oramai il più è fatto. Procediamo per comodo sentiero con vista sulle splendide montagne circostanti.
Giungiamo alla funivia con un leggero anticipo per cui ne approfittiamo per un ultimo sguardo al Latemar.
E' veramente tutto. Prendiamo la funivia per ritornare a valle.
Una breve sosta presso una piccola cappella li vicino
e poi in macchina verso il nostro albergo dove ci attende la spa per coccolarci.
Un caro saluto.
Cartografia di riferimento: carta topografica per escursionisti Ed. Tabacco Foglio nr. 014

lunedì 3 agosto 2020

Rifugio Antelao

In questa estate, così fortemente influenzata dal Covid 19, le nostre montagne, soprattutto le Dolomiti,  sono state letteralmente prese d'assalto da frotte di turisti come non mai. Ci sono alcune zone che, per celebrità e facilità di accesso, sono diventate quasi off-limits per gli amanti della tranquillità e della fatica.
Per fortuna ci sono tanti luoghi ancora non scoperti dalle masse ove è possibile camminare per ore senza incontrare anima viva anche in piena estate.
Nel territorio di Pieve di Cadore c'è il Rifugio Antelao, posto ai piedi dell'omonimo monte, che non gode della fama di altri rifugi più rinomati ma che per me rappresenta una forte attrattiva essendo stato il primo rifugio che ho raggiunto da quando ho spostato il mio campo base in Cadore.
Insieme alla mia compagna, di buon mattino, mi dirigo in auto verso la parte alta della graziosa frazione di Pozzale di Cadore e, seguendo le indicazioni in loco, giungo ad un bivio.
Entrambe le strade portano alla nostra meta; noi prenderemo il sentiero di sinistra che risalirà il Monte Tranego sul pendio meridionale con vista sul Centro Cadore. Volendo si può lasciare l'auto sul sentiero di destra che presenta alcune aree adibite a parcheggio e ritornare brevemente sui propri passi. Noi decidiamo di fare un breve tratto del sentiero di sinistra con l'auto per accorciare il percorso dal momento che sarà una giornata molto calda. In breve l'asfalto lascia il posto ad una antica strada militare sterrata; attenzione, il percorso è stretto e non sempre agevole e può presentare seri problemi se si dovesse avere la sfortuna di incrociare altri veicoli in senso opposto. Non percorretelo se non avete un fuoristrada e la padronanza del veicolo.
Saliamo per una decina di minuti fino alla prima baita che incontriamo dove ripariamo il nostro 4x4 sotto alcuni abeti. Siamo a quota 1354 mt.
Il panorama si fa subito interessante con splendidi scorci sul Lago di Centro Cadore ancora immerso nelle fresche ombre del mattino.
Ci mettiamo in cammino.
La strada procede in salita con pendenza costante e non eccessiva. Man mano che saliamo il panorama si fa più ampio; verso sud si stagliano le creste degli Spalti di Toro ma il controluce ci impedisce di fare foto soddisfacenti pertanto ci ripromettiamo di farne al ritorno.
Il caldo comincia a farsi sentire; incontriamo una simpatica e curata baita.
Ci fermiamo per una pausa e qualche foto.
Anche le stelle alpine contribuiscono a dare magia all'ambiente.
Riprendiamo il cammino; il percorso è allietato dalla presenza allegra di farfalle variopinte che volano di fiore in fiore. Una di queste si posa su Elena e sembra non volerla abbandonare.
Continuiamo a salire e arriviamo fino alla cima del Monte Tranego a quota 1.849 mt.
Qui è un vero paradiso: la mole granitica dell'Antelao si staglia improvvisamente contro il cielo di un azzurro intenso e appena interrotto da candide e rade nuvole.
Poco oltre si intravede l'inconfondibile sagoma del Pelmo.
La presenza di un'altra baita circondata da un prato curatissimo ci invoglia a fermarci per riprendere fiato e godere di questo luogo incantato.
Siamo in completa solitudine;
un vero lusso in questa stagione.
Ci concediamo attimi di intensa serenità.
Come se non bastasse alle spalle della baita abbiamo un fantastico colpo d'occhio sulle Marmarole.
Impossibile non restare a bocca aperta.
Riprendiamo a malincuore il cammino;
ora il sentiero scende.
Continuiamo ad essere circondati da silenzio e farfalle.
Dopo un quarto d'ora arriviamo alla Forcella Antracisa a quota 1693 metri;
posto molto carino.
Sulla destra sorge la Capanna Tita Pancera del CAI di Pieve di Cadore con un'area esterna in legno che offre un bel panorama sulle Marmarole.
Nei pressi c'è una bella fontana che rappresenta l'unica possibilità di rifornimento in questo percorso, oltre al rifugio naturalmente. Qui incontriamo la prima coppia di escursionisti della giornata che ha la stessa nostra meta.
Riprendiamo rapidamente il percorso e ricominciamo a salire il sentiero n. 250 sul versante nord del Colle di San Dioniso;
ora il caldo è davvero intenso e fatichiamo non poco anche se la salita non presenta particolari pendenze. Finalmente, dopo un'ampia curva intravediamo la nostra meta che giace sulla panoramica Sella Pradonego a quota 1.792 metri.
Raggiungiamo il rifugio in breve.
Di proprietà del CAI di Treviso, questo rifugio fu voluto e costruito nel 1948 dalla scrittrice e alpinista Alma Bevilacqua per valorizzare una zona dolomitica poco nota, da lei apprezzata e amata durante la lotta partigiana. L'edificio, dopo i lavori di ristrutturazione e ampliamento del 2001 costituisce un meraviglioso punto di passaggio tra il Cadore e la Val Boite lungo un percorso che passa ad oriente del monte da cui prende il nome. E' in grado di ospitare fino a 24 ospiti per la notte.
Per  ulteriori informazioni sul rifugio clicca qui.
Dopo aver gironzolato attorno al rifugio per tirare un pò il fiato, la fame si fa sentire.
Ci cambiamo le magliette e ci sediamo comodamente all'esterno del rifugio.
Attorno a noi ci sono avvisi che richiamano l'attenzione sulle norme anti contagio; il gestore ci chiede le generalità come previsto dalle normative vigenti.
Il menù è da tipico rifugio di montagna: piatti semplici e abbondanti. Io ho preso una pasta Antelao,
pastin con polenta e una ricotta fresca affogata in un mare di frutti di bosco.
Non c'è niente di più bello che mangiare mentre si gode di un panorama naturale con una luce e dei colori meravigliosi.
Mentre mangiamo arrivano altri escursionisti, non più di una quindicina, per fortuna tutti educati e che non hanno guastato la magia del posto.
Non vorrei andare più via ma Elena mi richiama all'ordine e pertanto a malincuore riprendiamo la via del ritorno percorrendo lo stesso itinerario dell'andata.
A Forcella Antracisa ci fermiamo per fare l'ultimo rifornimento di acqua.
Devo dire che da qui, per salire sul Tranego ho sofferto tremendamente il caldo giacché il sentiero è completamente esposto al sole.
Come all'andata ci fermiamo alla baita di quota 1.849 metri per bere e riposarci.
Riprendiamo il cammino, questa volta definitivamente in discesa.
Adesso, con il cambiare delle condizioni di luce, il panorama sul centro Cadore è da cartolina e ad ogni tornante muta splendidamente.
Qualche fastidio alle caviglie per la presenza di molti sassi sul sentiero ma per fortuna arriviamo senza problemi all'auto.
Il tratto percorso rappresenta la parte iniziale (o finale) dell'alta via delle Dolomiti n. 4 (da San Candido a Pieve di Cadore) e dell'alta via delle Dolomiti n. 5 (da Sesto Pusteria a Pieve di Cadore). Il dislivello complessivo è stato di 750 metri.
Abbiamo passato in quota una giornata meravigliosa. A parte gli escursionisti trovati al rifugio, abbiamo percorso i sentieri (pulitissimi) in magnifica solitudine... cosa volere di più in piena estate?
Un caro saluto.