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Lettori fissi

Un piccolo diario che ha come filo conduttore il mio amore per la montagna e per i viaggi in genere... ma anche pensieri e riflessioni su quello che mi circonda perché il vero esploratore è colui che non ha paura di spogliarsi delle ipocrisie e aprirsi all'ignoto.

giovedì 23 dicembre 2010

Sognare

Ho un solo sogno, continuare a sognare...
Sognare la libertà, sognare la giustizia, sognare l'uguaglianza.
E magari non ci fosse la necessità di sognare...
Sognare mia figlia grande, sana e felice, volare con le sue ali, senza dimenticare il suo nido.
Sognare l'amore, amare ed essere amato, dare tutto senza pesarlo, ricevere tutto senza chiederlo.
Sognare la pace nel mondo, nel mio paese, in me stesso... e chissà qual'è più difficile da ottenere.
Sognare che i miei capelli, che si diradano e imbiancano, non impediscano che la mia mente e il mio cuore restino giovani e azzardino l'avventura, siano come bambini e conservino la capacità di giocare.
Sognare che avrò la forza, la volontà e il coraggio per aiutare a concretizzare i miei sogni invece di chiedere miracoli che non merito.
Sognare che quando arriverò alla fine, io possa dire che ho vissuto sognando che la mia vita fosse un sogno, sognato in una lunga e placida notte nell'eternità.
                                                               Martin Luther King
Buon Natale a tutti!!!

domenica 10 ottobre 2010

Il presnitz

Grazie alle leggi benevole emanate dall'Imperatrice Maria Teresa d'Austria, all'inizio dell'800 Trieste visse il suo momento magico e di massima espansione.
La città cresceva e con essa il porto, le industrie, i cantieri, l'artigianato.
La città attirava a sé genti di tutta Europa, diventando in breve tempo un centro vitalissimo e cosmopolita.
I palazzi e le piazze apparivano come eleganti salotti da passeggio e ritrovo.
Un evento importante mise, un giorno del 1832, in movimento tutta la città.
Per accogliere degnamente "Sissi", Imperatrice d'Austria e Ungheria, in visita al Castello di Miramare, la città si fece festosamente bella.
Si indissero concorsi e gare per oggetti d'arte, artigianato, gastronomia e pasticceria.
In una elegante pasticceria del centro apparve per la prima volta un dolce creato per l'occasione. Portava sovrapposta la scritta "Se giri il mondo ritorna qui".
Gli fu conferito il titolo di "Preis Prinzessin" (Premio Principessa).
I Triestini sbrigativamente e affettuosamente lo chiamarono Presnitz.
Trieste si arricchiva così di un dolce che rimarrà a suggello di tradizionali e liete ricorrenze.
Nel 1891 l'Artusi scrive nel suo "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene", dopo una sua visita a Trieste: "Eccovi un altro dolce di tedescheria e com'è buono! Ne vidi uno che era fattura della prima pasticceria di Trieste, lo assaggiai e mi piacque. Chiestane la ricetta la misi alla prova e riuscì perfettamente; quindi, mentre ve lo descrivo, mi dichiaro graditissimo alla gentilezza di chi mi fece questo favore".
Dolce composto da due elementi: un ricco e morbido ripieno (80% del peso) e un delicato strato di pasta sfoglia. Il ripieno è composto da uvetta sultanina, cubetti di arancia canditi, mandorle, noci, nocciole tostate, pinoli, passata di albicocche, albume d'uovo, olio di semi, cacao, burro e rhum.
Vi consiglio di accompagnarlo con un Picolit o un Ramandolo.
Un caro saluto.

domenica 3 ottobre 2010

Il castello di Bled (Blejski grad)

Del Lago di Bled ho già scritto ed ho citato il castello come una delle attrattive principali di questa perla incastonata tra le alpi slovene.
La visita di questo maniero è davvero sorprendente, non fosse altro che per gli splendidi panorami che si godono dai suoi bastioni.
Individuarlo è  cosa semplice giacché si eleva su uno sperone di roccia alto 124 metri a strapiombo sul lago. 
Fu menzionato per la prima volta nel 1011, ma la costruzione attuale, fatta eccezione per una torre e qualche tratto di mura, risale al sec. XVI, dopo la distruzione in seguito al terremoto del 1511 e alla rivolta popolare del 1515, quando gli abitanti della contea si ribellarono esasperati dal dispotismo dei conti von Kreigh a cui il Vescovo di Bressanone diede il feudo in concessione permanente. 
Il castello venne ricostruito dai nuovi feudatari, gli Auersperg, conti di Turjak.
Altri edifici residenziali e popolari intorno ai due cortili furono aggiunti in epoca barocca; il tutto era protetto da un duplice giro di mura di cinta e da fossati. L'aspetto attuale del castello è il risultato dei lavori di restauro durati molti anni, fino al 1961. 
Passeggiando sulla sponda nord del lago, sovrastati dalla rupe, è agevole individuare alcuni sentieri che portano sullo sperone roccioso.
Parimenti è possibile arrivare nei pressi dell'ingresso del castello con auto e bus che trovano possibilità di parcheggio nelle immediate vicinanze. 
Per la serie "se non soffro non son contento", affronto il sentiero e, 
dopo una ventina di minuti di faticosa salita, per fortuna in ombra, arrivo all'ingresso.
Il biglietto costa 7 Euro e da anche diritto ad un bonus di 1,50 Euro per il ristorante del castello. L'ingresso con l'arco gotico, ricavato tra le spesse mura esterne, è anticipato dal ponte levatoio sopra il fossato ora colmato; 
sul viale che porta ai livelli superiori, passo sotto l'enorme torrione cilindrico a protezione dell'accesso al secondo cortile 
e finalmente arrivo al primo cortile circondato da antichi edifici tranne che sul lato che guarda il lago; 
ed è qui che mi dirigo subito. 
Protetto da un parapetto in pietra, il panorama che si gode è da cartolina:
il lago, di un brillante verde smeraldo, abbracciato dalle foreste che scendono dalle cime vicine, circonda languidamente la pittoresca isoletta (Blejski otok).
Il cortile offre molti angoletti suggestivi dove è possibile fermarsi a contemplare questa meraviglia.
Individuate delle scale che portano al cortile superiore, le percorro velocemente
e da qui il panorama è ancora più ampio, spettacolare, unico.
Distolgo lo sguardo a fatica per dedicarmi alla visita del castello.
Sul secondo cortile si affaccia il museo del castello con sale espositive che, partendo dalla preistoria, 
percorrono la storia del luogo, 
e soprattutto la graziosa cappella del XVI secolo dedicata ai Santi Arduino e Ingenuino, vescovi di Bressanone,
ornata di affreschi barocchi 
raffiguranti l'Imperatore Enrico II, la moglie Cunegonda e il Vescovo Arduino mentre riceve l'investitura. 
Sparsi ovunque nelle sale e nelle pareti esterne, affrescati o scolpiti, ci sono gli stemmi dei vescovi e dei governatori di Bled, dai quali è possibile ripercorrere le tappe della storia del castello. 
Ritorno al primo cortile tramite una curiosa scala semicircolare
con bella visuale sul livello inferiore
e visito prima la bottega dell'antica stamperia e poi il camminamento di ronda protetto alla vista di eventuali nemici.
Qui l'attenzione è attratta non tanto dalla vista esterna che si gode dalle feritoie
ma dal cortile interno
col lago sullo sfondo.
Lascio a malincuore questo castello e devo confessare che ho fatto un doppio giro per portare con me, ben impresso nella memoria, questo splendido ricordo.
Un caro saluto.

domenica 26 settembre 2010

Dawit

Questa mattina il cielo sopra casa mia è carico di pioggia che, inesorabilmente, annuncia una giornata noiosa. 
Con queste premesse non posso fare a meno di andare con i pensieri alle recenti vacanze estive trascorse nel Tarvisiano, in quello che io chiamo "il mio angolo di paradiso"; in particolare mi viene in mente una persona che ho avuto modo di conoscere prima "virtualmente" tramite questo blog (il primo contatto è stato per parlare delle vicende storiche del Forte di Malborghetto), e poi di incontrare realmente nella sua splendida enoteca.
Benvenuta è una donna nata e cresciuta in queste valli; il pensiero corrente che hanno gli abitanti della Bassa Friulana è che i montanari della Carnia e delle Giulie siano chiusi, introversi e, in qualche modo, scontrosi. Affermazione che non mi trova d'accordo; posso comunque dire che non è questo il caso di Benvenuta e di suo marito. Ricordo una splendida serata trascorsa in un bar del centro di Tarvisio ad ammirare l'imbrunire, con le cime delle Giulie a chiudere l'orizzonte verso sud, e a parlare di tutto come se ci conoscessimo da sempre. C'è da dire che la frequentazione dei rispettivi blog è un bel modo di conoscersi; il suo (Dawit - Vivere in Valcanale) è una miniera di cose interessanti dalla cui lettura si intuisce la personalità dell'autrice.
Mi ha fatto piacere, tra l'altro, sapere da lei che una signora di Trieste si è presentata alla sua enoteca dicendo "Sono qui perchè ho letto Montagne luminose"; sapere che il mio blog è consultato per prendere  spunto ed idee per organizzare gite e visite mi spinge ad andare avanti su questa strada.
Dawit è il nome della sua enoteca alla quale si affianca il bar frequentatissimo nella stagione estiva soprattutto da turisti di lingua tedesca. 
Questo locale accoglie i viaggiatori subito dopo la rotonda all'ingresso di Tarvisio per chi arriva da Udine e al suo interno è possibile trovare, oltre ai migliori vini nazionali, prodotti tipici e di nicchia come grappe, marmellate, conserve varie e idee per regali intelligenti. 
Il giorno della mia partenza per i classici saluti, Benvenuta mi ha consigliato delle "chicche" che ho portato con me e che, in questi giorni umidi, mi deliziano il palato come alcune salse ai mirtilli, ai fichi e alle pere che uso per accompagnare formaggi pecorini e Parmigiano... una vera squisitezza!
Ciao Benvenuta, a presto!

domenica 19 settembre 2010

La vecchia ferrovia Pontebbana - Ciclovia Alpe Adria

L'antica strada che unisce la pianura friulana alla Carinzia, attraverso la valle del Fella e Tarvisio, è da sempre frequentata da eserciti, viaggiatori e mercanti.
Nel 1879 il paesaggio di queste splendide valli cambiò con l'inaugurazione di una delle linee ferroviarie più spettacolari dell'intero arco alpino che rese più agevole gli spostamenti.
I primi studi di fattibilità per i tratti da Udine a Tarvisio e a Villach portano la data del 1855 ma la vicina ferrovia del Predil, che avrebbe collegato la Mitteleuropa al porto di Trieste, ritardò di molto l'inizio dei lavori che, comunque, ebbero inizio nel 1872 e completati sette anni dopo.
Nell'allora territorio austriaco (da Pontebba verso nord-est) i lavori furono di competenza delle maestranze imperiali mentre, nella parte a sud della cittadina, le ferrovie italiane si incaricarono di realizzare l'opera nello scenario spettacolare del solco scavato dal Fella nei millenni. Il tratto italiano era lungo poco più di 68 chilometri (da Udine a Pontebba) e, lungo il suo percorso, furono realizzate ben ventotto gallerie per una lunghezza complessiva di 5.500 metri, undici ponti in ferro e sedici in muratura; la ferrovia fu, inoltre, protetta da possibili frane con diciassette chilometri di muri di sostegno. Questi lavori si concentrarono nei dodici chilometri tra Chiusaforte e Pontebba; questo lascia solo intuire la spettacolarità di questa opera dell'ingegno italiano.
Spettacolare e tragico fu anche l'incidente avvenuto il 26 marzo del 1920 sul ponte Muro, quando alcune carrozze si misero accidentalmente in movimento e piombarono a valle a gran velocità scontrandosi frontalmente con il treno che saliva da Udine per Vienna, uccidendo dodici studenti egiziani di medicina diretti a Berlino per specializzarsi.
Ora questa linea non è più in esercizio, sostituita da una più moderna e veloce ferrovia; la tratta tra Carnia e Pontebba fu dismessa nel 1995, quella fino a Valbruna nel 1999 e un anno dopo anche la tratta fino al confine cessò di funzionare.
La curiosità per questa imponente opera mi è venuta quando cercavo l'accesso per il forte di Chiusaforte e, per sbaglio, mi sono ritrovato sulla massicciata che corre sotto il forte stesso.
Con una certa lungimiranza, si è deciso di non abbandonare a se stesso questo percorso e di trasformarlo in pista ciclabile: la futura Ciclovia Alpe Adria. Purtroppo i lavori procedono a rilento e l'unico tratto percorribile attualmente è quello tra Camporosso e Coccau; gli altri tratti sono sbarrati dai vari cantieri ma la curiosità di percorrere comunque questo itinerario, in anticipo rispetto all'apertura ufficiale, mi ha portato sulla vecchia statale che percorre il fondo valle fino a Chiusaforte; qui, lasciata la macchina all'uscita nord del paese, mi porto sulla riva del Fella per ammirare un imponente ponte in ferro lungo centocinquanta metri poggiato su un solo grosso pilastro in pietra collocato al centro del greto del fiume. 
Ritorno verso la macchina e, tra la vegetazione, individuo un sentierino che sembra portare sulla massicciata della ferrovia; in effetti è così.
Sotto un bel sole comincio ad avventurarmi lungo questo percorso in direzione nord-est. Dopo circa duecento metri c'è una barriera che indica un cantiere; lo supero senza problemi dal momento che non scorgo presenza di operai e non c'è alcun cantiere. La pista da questo punto è asfaltata e, dopo aver superato una galleria annerita dal fumo delle numerose locomotive a vapore che la percorrevano, arrivo al ponte che avevo visto dalla sponda del Fella.
Questo ponte è stato restaurato ed attrezzato con una passerella a griglia in acciaio destinata alle bici. Camminandoci sopra e guardando i miei scarponi vedo le acque impetuose scorrere sotto di me; un piacevole senso di vertigine controllata mi pervade. 
Avanzo ammirando il paesaggio circostante e pensando all'immane lavoro compiuto in soli sette anni dagli operai che, con attrezzature e  strumenti di oltre un secolo fa, dovettero superare ostacoli di ogni tipo. L'asfalto è nuovo e di un bel colore nero, segno evidente che è appena stato steso; in alcune gallerie addirittura si attacca alle pedule perchè non ancora asciutto. 
Ogni galleria conserva ancora la sua targa originale in marmo con nome dell'opera e la sua lunghezza.
Sul lato sinistro scorre l'A27 mentre sulla destra sono sovrastato dalle pareti rocciose scavate dal fiume in epoche lontane. Arrivato in prossimità del torrente Cadramazzo, mi fermo ad ammirare la cascata che questo forma nel riversarsi nel Fella.
La passeggiata scorre piacevole e solitaria. Il mio pensiero corre al secolo scorso e oltre, quando su questi viadotti passavano sbuffanti locomotori a vapore che trainavano tradotte di emigranti, deportati e soldati ma anche lussuosi vagon-lits che collegavano Vienna a Venezia, Milano e Roma. 
In lontananza si scorge l'abitato di Dogna "abbracciato" dalla nuova statale. 
Ad un certo punto l'asfalto finisce e la massicciata si allarga; sono arrivato alla vecchia stazioncina di Dogna oramai abbandonata da tempo. 
Fa un certo effetto pensare che gli abitanti di Dogna dovevano sobbarcarsi una bella salita a piedi fin quassù per poter prendere il treno. Mi colpisce un adesivo attaccato sulla porta di quella che doveva essere l'edicola della stazione; si citano le nostre care vecchie lire.
Proseguo sul percorso con bella visuale sul paese di Dogna a sinistra
e del torrente omonimo sul lato opposto con lo spettacolare Jof di Montasio che si staglia sullo sfondo. 
Qui c'era un ponte in ferro crollato nel 1968 sostituito ora da un viadotto in cemento.
Procedendo, il percorso si mantiene panoramico e giunge ad un altro ponte spettacolare: 
il già citato Ponte di Muro che scavalca il Fella a ben 42 metri di altezza. 
Il panorama della stretta valle verso nord è davvero notevole.
Questo viadotto in pietra e ferro fu posizionato dopo la Seconda Guerra Mondiale ed è identico al precedente distrutto dalle bombe alleate.
Superando questo ponte, con il tempo in netto peggioramento, arrivo sul lato orografico destro del Fella e, dopo una serie di lunghe e scure gallerie (indispensabile la torcia), 
arrivo alla vecchia stazione di Pietratagliata. 
Qui finalmente riesco ad individuare le uniche tracce ancora esistenti dei vecchi binari.
Non è più possibile procedere oltre perchè c'è un viadotto crollato. Sono soddisfatto perchè ho percorso il tratto più spettacolare della Pontebbana in anteprima e in completa solitudine in compagnia del silenzio e dei miei pensieri.
Ritorno indietro, sullo stesso percorso, con una certa sollecitudine dal momento che il cielo minaccia pioggia. Arrivato al punto nel quale avevo raggiunto la massicciata vedo in lontananza la stazione di Chiusaforte per cui decido di spingermi fin li.
Anche questa stazione abbandonata fa volare i miei pensieri ad altri tempi; è strano osservare queste strutture senza i binari. 
Tra andata e ritorno ho percorso circa venti chilometri ma è oramai ora di tornare; il tempo è davvero minaccioso. Raggiungo rapidamente la macchina e, sotto la pioggia battente, ritorno alla base.