Translate

Lettori fissi

Un piccolo diario che ha come filo conduttore il mio amore per la montagna e per i viaggi in genere... ma anche pensieri e riflessioni su quello che mi circonda perché il vero esploratore è colui che non ha paura di spogliarsi delle ipocrisie e aprirsi all'ignoto.

martedì 17 novembre 2020

L'Abbazia di Rosazzo

In una soleggiata mattina di maggio, libero da impegni e in completa solitudine, decido di andare a visitare l'abbazia di Rosazzo.
Per arrivarci, provenendo dalle direttrici Trieste o Udine, occorre passare da Manzano, capoluogo del distretto industriale della sedia. Giunti alla rotonda con l'enorme monumento alla sedia (purtroppo demolita nel 2016), 
prendo la prima uscita a destra e procedo fino al ponte sul Natisone dopo il quale svolto a sinistra sulla Provinciale 49 fino al bivio per Rosazzo; da qui seguendo le indicazioni arrivo alla mia meta.
Ubicata sulla sommità di un colle che sovrasta la zona circostante, l'Abbazia di Rosazzo è uno dei principali monasteri incastellati del Friuli che un tempo controllava l'importante via di comunicazione tra Cividale e Gorizia. 
Dall'immagine aerea che segue (tratta da ilpais.it) si può apprezzare la posizione strategica sulla quale è stato edificato il complesso.
Le sue origini si perdono nel lontano passato; secondo una ipotesi fu fondata dal Patriarca Enrico nel 1084 mentre altri documenti fanno risalire la fondazione del complesso monastico all'epoca del Patriarca Sigeardo (1068-1077).
La chiesa dedicata a S. Pietro fu edificata nel 1070, mentre nel 1090 il monastero divenne abbazia e l'anno successivo i primi monaci della Carinzia, provenienti da Millstadt, vi introdussero la regola di S.Benedetto; i religiosi provvedevano anche all'annesso ospedale di Sant'Eligio che accoglieva indigenti e lebbrosi.
Durante il medioevo l'abbazia aumentò la sua importanza sia per le funzioni di guida spirituale che per quelle legate all'attività economica e solo più tardi, con gli scontri tra Aquileia e Cividale e tra la Serenissima e gli Imperiali, venne trasformata in struttura difensiva con una sua cinta muraria, torri di guardia e proprie truppe.
Luogo incantevole, strategico, adatto alla meditazione e meta di pellegrinaggio, fornì al suo abate una notevole autorità sul Parlamento della Patria del Friuli.
Durante la guerra del 1361 contro i Duchi d'Austria Rodolfo e Federico, l'Abate Raimondo difese vittoriosamente il complesso abbaziale.
In quel periodo buio subì comunque distruzioni nel 1386 e nel 1389 e fu occupata dai Veneziani nel 1420. Dopo 300 anni, i benedettini lasciarono l'abbazia che dal 1423 fu retta da abati commendatari;  a partire dal 1522 i Domenicani vi si insediarono per quasi due secoli e mezzo.
La nomina dell'abate fu sempre un titolo ambito, al punto che negli anni 1413 e 1418 venne conteso da tre ecclesiastici contemporaneamente, mentre nel 1422 il patriarca Lodovico di Teck si impadronì del luogo alla testa di circa quattromila Ungari.
Nel 1440 il comune di Cividale, interessato alla struttura fortificata, riuscì a imporre all'abbazia un suo capitano, con compiti di difesa.
Durante la guerra della Lega dei Cambrai, nel 1509 il monastero fu posto sotto assedio dagli Imperiali guidati dal Duca di Brunswick in lotta contro la Repubblica di Venezia e in questa circostanza subì gravi distruzioni. 
Solo nel 1533, grazie all'Abate Giovanni Matteo Giberti e all'architetto Venceslao Boiani, iniziò la rinascita dell'intero complesso così come è possibile ammirarlo ancora oggi.
Nel 1751 una bolla papale, sopprimendo il Patriarcato di Aquileia, costrinse i Padri Domenicani ad abbandonare l'abbazia. Da allora, il complesso religioso è possedimento dell'Arcivescovo di Udine, che qui stabilì, nel 1823, la sua residenza estiva.
Dell'antica opera castellana, oggi rimangono solo le mura fortificate di nord-ovest con la torre trecentesca e tratti della cinta muraria. 
Di particolare interesse sono l'antico chiostro del '500, 
la chiesa di S. Pietro dell'architetto cividalese Venceslao Boiardi
con i suoi splendidi soffitti con travi a vista.
Nell'ex-refettorio ci accoglie una Crocifissione del veronese Battista dell'Angelo.
I giardini sono un tripudio di antiche specie di Rose;
a tal fine occorre ricordare che il nome Rosazzo deriva dalla presenza di roseti selvatici talmente fitti e belli che già nel lontano 1161 la località fu chiamata Monasterium Rosarum.
All'interno della struttura la Sala della vite e dell'uva, situata al piano terra del complesso e affacciata direttamente sul chiostro, risulta piuttosto suggestiva anche grazie agli affreschi seicenteschi, al pavimento in terrazzo veneziano e alle travi a vista. Sul lato meridionale si apre un poggiolo
che nelle giornate serene regala una vista mozzafiato sugli abitati di Cormons, Manzano e più oltre fino al mare.
L'Abbazia di Rosazzo è stata produttrice di ottimi vini fin dai tempi più remoti e anche grazie ad essi ha potuto accrescere la sua fama. Ad esempio, nella lista delle vivande per il  pranzo che il Comune di Cividale organizzò il 6 giugno 1409 in onore di Papa Gregorio II, risulta la Ribolla dell'Abbazia.
Nel 1980, Walter Filipputti ottenne in concessione dall'Arcidiocesi di Udine i vigneti da tempo abbandonati  che, restaurati e valorizzati con le varietà autoctone come il Pignolo, il Picolit e la Ribolla Gialla, daranno vita all'azienda agricola I Vinai dell'Abate. Tali vigneti fanno parte dell'area d.o.c. dei Colli Orientali del Friuli. 
L'azienda possiede due cantine: quella della vinificazione, che da sul cortile della chiesa e quella dell'invecchiamento, originale cantina dell'abbazia, usata per secoli dai monaci (la più antica della regione).
Dopo aver acquistato qualche buona bottiglia, e dato ancora un'occhiata alle profumate rose,
torno all'auto per dirigermi verso uno dei tanti eccellenti ristoranti della zona.
Un caro saluto.