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Lettori fissi

Un piccolo diario che ha come filo conduttore il mio amore per la montagna e per i viaggi in genere... ma anche pensieri e riflessioni su quello che mi circonda perché il vero esploratore è colui che non ha paura di spogliarsi delle ipocrisie e aprirsi all'ignoto.

giovedì 31 dicembre 2009

Panta rei

Per me l'ultimo giorno dell'anno è l'occasione per tracciare il bilancio di quanto accaduto.
Quello che sta per volgere al termine è stato il mio annus orribilis; il peggiore della mia vita.
Una crudele vicenda mi ha portato via una parte importante della storia personale: mentre ero impegnato in Libano, insieme ad alcuni colleghi, per portare sollievo alle popolazioni del paese dei cedri; mentre ero convinto che il nemico potesse nascondersi dietro una finestra con un AK-47 pronto a colpire vigliaccamente, mi sono reso conto che l'avversario era invece restato in Patria a tramare meschinamente alle mie spalle.
Il 2009 mi ha "regalato" una separazione dolorosissima e, pertanto, non posso che essere felice che sia terminato.
Il 2010 mi vedrà cambiare "forzatamente" stile di vita, progetti, aspettative e chissà cos'altro. In questo momento fatico terribilmente a rialzare la testa ma... panta rei (tutto scorre) come scrisse Eraclito e spero che domattina, con il nuovo anno, una nuova speranza possa sorgere nel mio animo per poter guardare con più fiducia al futuro.
Faccio a tutti gli amici che mi leggono i più sinceri auguri per un 2010 pieno di pace e serenità.

sabato 14 novembre 2009

Paderborn

Questa volta la mia professione mi ha portato nel cuore della Germania e precisamente a Paderborn.
Devo dire che, in due settimane di intensa attività, ho avuto poche possibilità di dedicarmi alla visita della zona; sono riuscito a liberarmi solo l'ultima sera che ho dedicato alla visita del centro storico prima di infilarmi con i miei colleghi in un ristorante del centro.
Le condizioni di luce erano ovviamente pessime e, inoltre, avevo lasciato la fotocamera a casa pertanto le foto che corredano questo post sono state prese da Google Earth e da Flikr.
Dicevo dunque che in una umida, ma non fredda, serata di novembre mi sono addentrato nel centro di questa bella città che si prepara al Natale con i tanti negozi che fanno a gara per avere la vetrina più bella.
Paderborn è una città storica della Westfalia, situata in una verde conca nei pressi della foresta di Teutoburgo alle sorgenti del fiume Pader. Carlo Magno la scelse per le due prime Diete nel 777; nel 799 s'incontrò col papa Leone III col quale siglò l'alleanza tra Chiesa e Impero. Sei anni dopo il sovrano francese la elesse a sede vescovile.
Il centro storico è ordinato, pulito e rigorosamente chiuso al traffico; vi si respira una atmosfera rilassata e accogliente.
In una splendida piazza
è possibile scorgere la bella costruzione rinascimentale del 1613 che ospita il "Rathaus" e il museo di storia naturale.
Questa città fu la roccaforte del cattolicesimo tedesco in una zona dove il protestantesimo si è diffuso molto velocemente e di conseguenza è ricca di imponenti chiese di epoche diverse.
Su tutte incombe la sagoma massiccia e imponente del Duomo costruito in forme romanico-gotiche nei secoli XII e XIII.
Dopo la distruzione nella seconda guerra mondiale (1939/45) fu ricostruito rispettando l'antico progetto con piccole modifiche. Notevole è il doppio portale detto del Paradiso con le statue della Madonna col Bambino sulla colonna centrale e le statue lignee dei santi Liborio e Kilian sui due battenti della porta; ai lati del portale ci sono altre statue di santi e apostoli.
Al suo vasto interno si trovano numerose cappelle nobiliari con portali barocchi
e la cripta sotterranea che accoglie le spoglie dei vescovi della città.
L'altare centrale è stato consacrato nel 1982.
Sul pilastro di destra è incassato un rilievo in alabastro del 1360 raffigurante l'adorazione dei Magi e proveniente da Nottingham in Inghilterra.
Nel Duomo trovano accoglienza tre organi per un totale di ben 10.885 canne d'organo (la più piccola è lunga 6 mm. mentre la più grande misura 5,24 mt.).
Colpisce la quasi totale assenza di dipinti e affreschi alle pareti; le rappresentazioni sacre sono costituite da splendide sculture.
Massiccio e impressionante, anche se elegante, è l'alto campanile di 93 metri che ospita sei campane in acciaio fuso dalle Acciaierie di Bochum nel 1950.
Uscito dal Duomo, mi godo ancora il bel centro storico senza una meta precisa ma lasciandomi guidare dalla curiosità e dagli innumerevoli negozi e locali.
Pur non essendo una città famosissima, se capitate da quelle parti, mi sento di consigliare una puntatina a Paderborn.
Un caro saluto.

giovedì 15 ottobre 2009

La Grotta Gigante si rifà il trucco

Della Grotta Gigante e delle sue dimensioni da Guinnes dei Primati ho già parlato in un precedente post.
Ora invece intendo informare i lettori che sabato prossimo, 17 ottobre, entrerà in funzione il nuovo impianto elettrico. Costato 690 mila Euro, consentirà al pubblico di ammirare lati finora nascosti; un sapiente studio dei rilievi ha fatto si che le nuove luci risaltino gli aspetti scenografici dell'immensa cavità. Si è lavorato anche sulla temperatura di colore dell'illuminazione che adesso è simile a quella della luce solare e che rende quindi questo incomparabile spettacolo più naturale e valorizzando le innumerevoli concrezioni in maniera superba.
Pensate che la prima illuminazione della grotta fu allestita nel 1908 ed ebbe una durata di sole tre ore.

Si è provveduto anche alla sicurezza dei visitatori dotando l'intero percorso di luci segnapassi che restano accese anche in caso di black-out.
I responsabili della Società Alpina delle Giulie, proprietaria della Grotta, assicurano che sarà un'esperienza entusiasmante anche per chi la grotta l'avesse già visitata.
Per orari e modalità di accesso visitate il sito ufficiale.
Vi rimando ad un prossimo post nel quale descriverò la discesa nelle viscere della "Gigante".

lunedì 12 ottobre 2009

Le fave triestine

La mia amica Benvenuta che gestisce l'enoteca Dawit a Tarvisio ha parlato sul suo blog dell'arrivo delle fave triestine nel suo locale.
In effetti è proprio questo il periodo in cui, terminate le giornate calde, pasticcerie e forni realizzano questi piccoli capolavori dell'arte dolciaria giuliana. Mi sono detto allora perché non parlarne più diffusamente e magari fornire una ricettina per chi volesse cimentarsi nella loro realizzazione.
Non è difficile gironzolare per le vie di Trieste e percepire, nell'aria oramai fresca, il dolce profumo delle fave appena sfornate dai sentori intensi di mandorle, vaniglia, rosa, cacao e rhum.
Se non resistete al loro profumo vedrete che questi piccoli dolci sono uno spettacolo anche per la vista. Si presentano sotto forma di palline vagamente tondeggianti, leggermente ruvide al tatto, con evidenti screpolature sulla superficie. Sono colorate in tinte pastello: marroni, bianche/crema e rosa. La loro consistenza deve essere friabile e secca ma non dura e devono sciogliersi in bocca.
Un tempo le fave non si mangiavano fino al giorno di Ognissanti dopo aver fatto visita ai defunti. Solo allora i bimbi, che all'epoca non erano corrotti da console e Mc Donald's, potevano farne scorpacciate.
Di seguito vi riporto la ricetta tradizionale... fatemi sapere.
Ingredienti: mandorle bianche pelate italiane o spagnole (250 g.), zucchero (240 g.), farina 00 (120 g.), albumi d'uovo (3), rosolio bianco (50 cl.), alchermes (50 cl.), cacao amaro in polvere (3 cucchiai), acqua di rose (2 cucchiai), vanillina (1 bustina).
Preparazione: distribuite su una placca le mandorle e fatele tostare in forno a 180° senza farle diventare troppo scure (devono solo asciugarsi).
Toglietele dal forno e, una volta raffreddate, tritatele molto finemente. Montate a neve gli albumi, aggiungete la farina poco a poco, lo zucchero e le mandorle tritate cercando di non smontare la neve. Dividete il composto in tre parti; alla prima aggiungeteci il cacao e un pizzico di vaniglia, alla seconda la vaniglia restante ed il rosolo e alla terza l'acqua di rose e l'alchermes.
Fate delle palline grosse come una ciliegia e mettetele su una placca coperta da carta da forno. Inseritele nel forno già caldo a non più di 100° e fatele rassodare. Tiratele fuori quando saranno asciutte.
Devo dire che, comunque, quelle acquistate sono davvero eccellenti e risparmiano la fatica della preparazione.
Le fave possono essere gustate così come sono oppure accompagnate da the, vini liquorosi o vin santo.
Un caro saluto.

domenica 11 ottobre 2009

Il castello Orsini-Odescalchi di Bracciano


Recentemente sono tornato a Bracciano da cui mancavo da oltre venticinque anni. Ho avuto la fortuna di alloggiare in una camera con una splendida vista sul borgo medievale, sul suo bellissimo castello e sul lago vulcanico che prende il nome della cittadina laziale.

Ricordo che nel mio precedente soggiorno, al termine di un percorso di formazione piuttosto impegnativo, insieme ai compagni di quella avventura, noleggiammo il castello per una festa che ancora ricordo perfettamente.
Il Castello di Bracciano, situato sulle sponde dell'omonimo lago, è una splendida dimora feudale costruita negli anni che vanno dal 1470 al 1481 da Napoleone Orsini; è un gioiello dell'arte militare del XV secolo, appartenente al periodo di transizione tra la fortezza medioevale e gli austeri palazzi baronali. Nel tempo il castello è stato più volte oggetto di dispute tra le nobili famiglie romane, ed è passato sotto il controllo degli Odescalchi, degli Orsini, dei Torlonia, per poi tornare nuovamente agli Odescalchi. Numerosi i personaggi illustri ospitati nella dimora, tra gli altri anche Carlo VIII re Francia nel 1494 in marcia su Roma. Tale episodio comportò la scomunica che il Papa Alessandro VI Borgia impartì alla famiglia degli Orsini.
Il castello attualmente si presenta con forti mura in tufo e selci con due ordini di finestre crociate, fiancheggiate da sei robuste torri mentre sul lato meridionale troviamo un terzo ordine di finestre rettangolari.

In basso un cordone in aggetto delimita tutt'intorno le scarpate e in alto il castello è coronato da eleganti merli. Nel suo interno incorpora importanti resti della originaria rocca dei Vico.

Due robuste cinte di mura di forma irregolare circondano il castello.
Oggi il Castello di Bracciano è museo storico ma viene anche utilizzato come sede di convention ed eventi.
L'interno del castello presenta numerose sale: da quella che nel 1478 ospitò papa Sisto IV, in fuga dalla peste che affliggeva Roma, alla sala del Pisanello così chiamata per la presenza di dipinti simili allo stile dell'omonimo pittore.

Affreschi simili si ripetono nella sala di Ercole al piano superiore; in questa e nella successiva sala si conserva la collezione di armi della famiglia Odescalchi con esemplari che partono dal XIV sec.

Una curiosità: tra le armi sono custodite le "Misericordie", degli stiletti che servivano a dare il colpo di grazia al nemico senza farlo soffrire troppo... un atto di genuina umanità.
Molto bella è la passeggiata sui camminamenti di ronda con belle prospettive sul sottostante lago.

Ovviamente non potevano mancare leggende attorno a questo maniero.
Isabella de Medici, moglie di Paolo Giordano Orsini, riceveva i suoi numerosi amanti nella "Camera Rossa"; la mattina gli sventurati venivano fatti uscire attraverso un corridoio buio che nascondeva una buca in cui erano collocate lame affilatissime che, assieme alla calce viva sul fondo, cancellavano ogni traccia dell'adulterio. Paolo venne comunque a conoscenza delle abitudini poco "decorose" della moglie e l'avrebbe uccisa strangolandola con un nastro di seta (raffinato!). Più di qualcuno giura che il fantasma di Isabella si aggiri di tanto in tanto sulle rive del lago.
Ulteriori notizie, informazioni sugli orari di apertura e iniziative varie le potete trovare sul sito ufficiale del castello.

Un caro saluto.

lunedì 5 ottobre 2009

Pompei

La mattina del 24 agosto del 79 d.C., un boato scosse il Vesuvio. Dal vulcano una nube di gas e pomici si proiettò in alto, simile ad un pino marittimo oscurando il cielo.
Una pioggia di lapilli ricoprì Pompei e continuò a cadere sulla città fino al giorno dopo facendo crollare i tetti e mietendo le prime vittime. I Pompeiani tentarono di ripararsi nelle case o riposero le ultime speranze nella fuga correndo precipitosamente sulle pomici che si andavano accumulando formando uno strato oramai alto più di due metri. In questo scenario già drammatico, alle 7,30 del 25 agosto, una rovente nube piroplastica si abbatté sulla città morente infilandosi dappertutto e uccidendo all'istante tutti coloro che incontrava sul suo fulmineo percorso di morte.
Una pioggia di cenere finissima, depositata per uno spessore di circa 6 metri, aderì alle forme dei corpi e alle pieghe delle vesti e avvolse ogni cosa. E quando, dopo due giorni, la furia degli eventi si placò, l'intera area aveva cambiato aspetto. Una coltre bianca avvolgeva tutto; il Sarno non scorreva più nel suo letto invaso da detriti lapidei, la costa sommersa dal materiale eruttato dal Vesuvio, aveva guadagnato spazio ai danni del mare. Per lungo tempo, in questa zona devastata, la presenza umana fu rara e marginale anche se nel 120 d.C. l'Imperatore Adriano fece ripristinare l'assetto viario.
Pompei, insieme alla vicina Ercolano fu dimenticata per lungo tempo.
Negli anni che vanno dal 1594 al 1600 l'architetto Giovanni Fontana scavò un canale per portare le acque del Sarno alle fabbriche d'armi di Torre Annunziata;
durante questi lavori, apparvero per la prima volta le rovine di Pompei non ancora identificata come tale.
Gli scavi veri e propri ebbero inizio nel 1748, durante il regno di Carlo di Borbone, ma fu solo qualche anno dopo che questo sito venne identificato come la romana Pompei.
Il 20 settembre del 2009 Trekker visita finalmente questi meravigliosi scavi colmando una lacuna che si portava dietro da molti anni.
Scherzi a parte, l'antica Pompei è un sito perfettamente conservato dove è possibile farsi un'idea precisa di quella che era la vita nelle città che gravitavano nell'orbita di Roma nel 1° Sec. d.C.
Gli scavi sono veramente vasti e di conseguenza c'è la possibilità di accedere da numerosi ingressi. Io entro da quello di Piazza Anfiteatro,
nel centro della moderna città è il più vicino alla stazione della Circumvesuviana e alla basilica.
Alla biglietteria sgancio 11 Euro e finalmente accedo agli scavi; mi danno una pianta degli scavi (che potete scaricare qui) e inizio la visita. La giornata è calda già dal primo mattino. Mi appresto a gironzolare tra le antiche abitazioni senza un particolare criterio.
Mi dirigo a sinistra dell'ingresso dove si trova la necropoli di Porta Nocera
con una serie di belle tombe
e sepolcri.
Una strada lastricata conduce alla Porta di Nocera
e immette nel tessuto urbano.
Superata la porta, sulla destra si apre la Casa del Giardino di Ercole; da rilievi archeologici effettuati in questa casa, si è arrivati a concludere che il giardino dell'edificio era utilizzato per la produzione di profumi: la coltivazione di rose, mirto, viole e gigli forniva le essenze che venivano messe a macerare nell'olio di oliva ricavato da alcuni alberi piantati nel giardino insieme alle viti che ombreggiavano il triclinio.
Attualmente in questo giardino vengono coltivate anche le specie più comuni che nell'antichità venivano impiegate per la produzione di unguenti e profumi. D'ora in avanti troveremo, in moltissime abitazioni, splendidi giardini riportati al loro antico splendore piantando le stesse essenze rinvenute sul posto. Ritornando alla Casa del Giardino di Ercole, attorno al cuore verde della struttura troviamo i primi ambienti affrescati con colori caldi tra i quali spicca il rosso pompeiano.
E' incredibile come si siano conservati i colori dopo tanto tempo.
Ritornando sulla Via di Nocera e voltando a sinistra su Via della Palestra e poi ancora a sinistra si arriva al Giardino dei Fuggiaschi; pur non essendo uno dei posti più interessanti dell'intero sito, è uno dei più visitati per la presenza di impressionanti calchi di sventurati che non riuscirono a sfuggire alla morte; il giardino è un ampio spazio coltivato a vigneto, che si apre sull'incombente massa del vulcano.
Il 5 febbraio del 1863, mentre si sgombrava un vicolo, Giuseppe Fiorelli, il direttore degli scavi, venne avvertito dagli operai che avevano incontrato una cavità in fondo alla quale si scorgevano delle ossa. Ispirato da una fulminea intuizione, il Fiorelli sospese i lavori e fece stemperare del gesso che venne versato in quelle cavità e in altre due vicine. Dopo aver atteso che il gesso fosse asciutto, venne tolta con precauzione la crosta di pomici e di ceneri indurite. Eliminati questi involucri vennero fuori quattro figure umane.
Grazie a questa tecnica oggi possiamo scorgere le espressioni dei volti, le pieghe dei vestiti, le posizioni contorte in cui vennero sorpresi i Pompeiani dalla furia del Vesuvio.
Il metodo si applica ai corpi sommersi, nella fase eruttiva finale, dalla pioggia di cenere che, col tempo, solidificandosi ne ha preso la forma e, dopo la loro naturale decomposizione, ha creato nel terreno una cavità con la loro impronta.
Uscito con un pò di angoscia da questo giardino raggiungo un punto dominante, alle spalle del giardino stesso, che offre una bella prospettiva sulla Pompei antica e sul Vesuvio.
L'immagine di pace e serenità contrasta fortemente con quello che è accaduto qui 2000 anni fa.
Ritornato sulla via di Nocera
mi dirigo versi quella che era la via commerciale
con numerose botteghe
affacciate su Via dell'Abbondanza.
La via è tutto un susseguirsi di edifici commerciali
e splendide residenze
con freschi e ombreggiati cortili interni
dagli interni sfarzosamente affrescati,
fonti
e giardini
che danno idea della ricchezza di questa città.
La Via dell'Abbondanza presenta sul suo selciato ancora i segni del passaggio dei carri e ogni tanto è interrotta da grosse pietre squadrate che consentivano agli abitanti di passare da un marciapiedi all'altro senza scendervi... una sorta di striscia zebrata dell'antichità.
La strada si dirige verso il Foro ma prima di arrivare in questo ampio spiazzo, dopo le Terme Stabiane,
una indicazione sulla destra mi conduce, attraverso un vicoletto, all'edificio più visitato dell'intero complesso: il celebre lupanare (beh si sa... la morbosità ha sempre il sopravvento su tutto il resto).
Lupo in latino significa prostituta; questo edificio è il meglio organizzato dei numerosi bordelli di Pompei, l'unico sorto con questa specifica funzione; gli altri erano di una sola stanzetta o ricavati al piano superiore di una bottega. Al piano terra ci sono cinque stanze minuscole ed una latrina e altre cinque stanze sono al piano superiore. I letti in muratura erano coperti da un materasso.
Sulle pareti sono stati affrescati dei piccoli quadri
raffiguranti le diverse posizioni da assumere nei giochi di accoppiamento che farebbero impallidire il Kamasutra illustrato.
Le prostitute erano schiave per lo più greche o orientali. Il prezzo andava dai 2 agli 8 assi (una porzione di vino ne costava uno).
Dopo essere uscito da questo affollatissimo edificio mi dirigo verso il foro.
Questa ampia piazza si sviluppò sul sito di un precedente mercato presannitico e divenne in breve il centro religioso, politico e commerciale della città. La piazza rettangolare (143 x 38 mt.) è occupata sul fondo dai resti del grande Tempio di Giove
e presentava sui due lati lunghi archi onorari e fontane. L'antica pavimentazione a grandi lastre di travertino fu saccheggiata dopo l'eruzione assieme alle statue dedicate a personaggi imperiali.
Sul lato destro del foro si sviluppano importanti edifici quali quello di Eumachia,
il Tempio di Vespasiano,
il Santuario dei Lari Pubblici e il Macellum.
In quest'ultimo edificio sono conservati altri due impressionanti calchi in gesso
di povere vittime del vulcano
custodite in teche di vetro.
Dalla parte opposta del foro troviamo il recinto che chiude il Tempio di Apollo
molto più antico del vicino Tempio di Giove.
Alle spalle del Tempio di Giove si sviluppano le Terme del Foro.
Da qui prendo per la Via Consolare fiancheggiata da sepolcri di Pompeiani famosi
diretto alla Villa dei Misteri.
Da quest'edificio, una volta, era possibile godere di una bella vista sul golfo di Napoli. Il primo impianto risale al II sec. a.C. ma fu successivamente ampliato e rimaneggiato.
Agli inizi del I sec. a.C. la si decorò secondo la moda del tempo dipingendo nel salone un maestoso fregio con figure a grandezza naturale (megalografia)
con le scene di iniziazione di una fanciulla ai misteri del matrimonio secondo i precetti del culto di Dioniso.
Mi viene da fare una battuta sui misteri del matrimonio che ancora non sono stati risolti da allora;
in tutti i modi procedo nella visita di questa bella e articolata costruzione
che nel 62 d.C., a seguito di un violento terremoto, venne adibita esclusivamente alla produzione ed allo smercio del vino.
Ritornato sui miei passi, prendo la Passeggiata Fuori le Mura che da posizione elevata offre scorci suggestivi su Pompei antica e moderna. Inizialmente la passeggiata domina la Via Consolare percorsa in precedenza,
poi lambendo alcune torri di difesa
si allarga verso nord.
Arrivato all'altezza di Via del Vesuvio, lascio la passeggiata e mi dirigo nuovamente verso il centro passando davanti alla Casa dell'Ara Massima prima
e le Terme Centrali poi.
Arrivato all'incrocio con Via dell'Abbondanza ritorno verso il Foro per superarlo e visitare la Basilica
e lo spiazzo antistante.
Uscito dal recinto della Basilica una rapida puntata verso la Porta Marina che segna uno degli ingressi al sito archeologico.
Ritornato sui miei passi, ripasso per il foro dove scatto ancora qualche foto
per dirigermi poi verso il complesso dei teatri.
Qui visito il piccolo Tempio di Iside
il Foro Triangolare e il Teatro Piccolo (Odeon)
mentre non è possibile visitare il Teatro Grande chiuso per lavori. Tutto il complesso è preceduto dal Quadriportico dei Teatri.
Ripercorro Via dell'Abbondanza in senso opposto rispetto a prima per andare a visitare la casa di Octavius Quartio.
Questa residenza è celebre per la bellezza e l'ampiezza dei suoi giardini piantumati con le stesse essenze che ne ornavano i viali nell'antichità.
Subito accanto c'è la Casa della Venere in Conchiglia;
Davvero notevoli sono gli affreschi che ne ornano le pareti interne.
E' tutto il giorno che sono agli scavi, il sole sta calando per cui mi affretto a visitare l'anfiteatro che è il più antico di quelli che conosciamo nel mondo romano.
L'edificio fu eretto in una zona periferica per evitare problemi di traffico in occasione degli spettacoli. Poteva contenere fino a 20.000 spettatori. Nell'arena si svolgevano le lotte dei gladiatori; una solenne cerimonia apriva i giochi. I lottatori indossavano pesanti armature da parata.
Con l'anfiteatro termino la visita a questo autentico scrigno dell'antichità. Purtroppo molte aree di Pompei sono chiuse al pubblico per lavori o per imprecisati motivi ma non ci sarebbe stato il tempo di visitare tutto in una sola giornata.
Non mi resta che il tempo per fare una rapida puntata alla Basilica Pontificia della Madonna del Rosario, uno dei maggiori centri di devozione mariana in Italia. Davvero uno splendido tempio.
Un caro saluto.