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Lettori fissi

Un piccolo diario che ha come filo conduttore il mio amore per la montagna e per i viaggi in genere... ma anche pensieri e riflessioni su quello che mi circonda perché il vero esploratore è colui che non ha paura di spogliarsi delle ipocrisie e aprirsi all'ignoto.

mercoledì 29 aprile 2020

Pieve di Cadore

Per chi proviene da sud, Pieve di Cadore è la porta di accesso al cuore delle Dolomiti.
Posta a 878 metri s.l.m., sulla sponda destra del Piave, città natale di Tiziano, conserva un patrimonio storico e culturale di pregio. La città può essere visitata agevolmente in mezza giornata. 
Se si arriva in macchina è possibile trovare un comodo parcheggio gratuito nel Piazzale Martiri della Libertà. 
Da qui l'attenzione viene immediatamente catturata da un edificio moderno che è sede del Museo dell'Occhiale; spazio espositivo unico in Italia con percorso didattico che consente di ripercorrere la storia degli strumenti ottici e dell'occhiale attraverso le splendide collezioni Bodart e Weiss, da Galileo fino all'economia del distretto bellunese dell'occhiale nato alla fine del XIX secolo è ancora oggi presente. Per info clicca qui.
Risalendo per Via dell'Arsenale, poche decine di metri dopo il Museo dell'Occhiale, sulla destra troviamo la Casa Natale di Tiziano Vecellio;
un edificio di origine quattrocentesca di tipica architettura cadorina con scale e ballatoio esterni in legno e cucina in pietra. Fu abitata dal pittore prima di trasferirsi a Vanezia e durante i suoi soggiorni cadorini quando faceva ritorno per trovare parenti e amici. Nel suo interno conserva importanti memorie del Maestro. Nel 1926 è stata dichiarata monumento nazionale. Orari di visita e riferimenti sono gli stessi del museo archeologico.
A fianco della casa di Tiziano, con scenografica piccola piazza antistante, possiamo ammirare la Casa Sampieri Vallenzasca che conserva all'interno un affresco raffigurante la Madonna con il Bambino.
Risaliamo di ulteriori poche decine di metri e ci immergiamo nel cuore e salotto di Pieve: Piazza Tiziano.
Di forma irregolare, circondata da edifici patrizi,
presenta al centro la statua in bronzo del Maestro (Antonio Dal Zotto, 1880) che da il nome alla piazza stessa.
L'edificio che più colpisce per la solennità delle sue mura è il Palazzo della Magnifica Comunità del Cadore;
un elegante mole cinquecentesca che, da sempre, accoglie nei suoi storici ambienti i rappresentanti dei ventidue comuni cadorini che compongono la Comunità stessa.
Al civico 29 della stessa piazza troviamo la Casa di Tiziano Vecellio detto l'Oratore, notaio, parente del Maestro;
un elegante edificio gentilizio sede del Centro Studi Tizianesco, organizzazione che ha il compito di promuovere la ricerca e la conoscenza su Tiziano e sul Cadore. Al suo interno si trova lo "studiolo" con la volta affrescata raffigurante il motivo romano delle grottesche del XVI sec.
Visite su prenotazione tel. 0435.501674, per ulteriori info clicca qui.
Accostata al palazzo della Magnifica Comunità sorge l'imponente mole della Chiesa Arcidiaconale di Santa Maria Nascente,
Chiesa Madre di tutte le Chiese del Cadore. Il precedente edificio era costruito in stile gotico e venne incendiato nel 1511 dalle truppe imperiali di Massimiliano d'Austria, fu restaurata nel 1566/67 laddove Tiziano e i suoi discepoli affrescarono il coro. Divenuta inadeguata per l'accoglienza dei fedeli si decise di ricostruirla affidando la progettazione all'architetto Schiavi da Tolmezzo; i lavori iniziarono nel 1761. Nel 1813 venne demolito anche il coro con la conseguente perdita irrimediabile degli affreschi del Tiziano. Fu consacrata nel 1837 dal Vescovo di Udine (il Cadore faceva parte dell'Arcidiocesi di Udine fino al 1847).
Nel suo interno sono custodite pregevoli opere d'arte;
la più importante e famosa si trova nella terza cappella a sinistra (la più vicina al presbiterio). La cappella di S. Tiziano Vescovo ospita, sopra l'altare, protetto da un vetro antisfondamento, uno dei capolavori di Tiziano Vecellio eseguito in tarda età.
I personaggi rappresentati hanno i volti dei familiari del grande artista: la Vergine ha il volto della figlia Lavinia, il figlio Pomponio presta le sue sembianze al Vescovo Tiziano avvolto nel piviale, il fratello Francesco raffigura S. Andrea. Il personaggio, leggermente defilato a sinistra, che assiste alla tenera scena è uno dei migliori autoritratti del Tiziano stesso.
La Chiesa è controllata da strumenti elettronici di sorveglianza che registrano ogni movimento dei visitatori.
Uscendo dall'edificio sacro, rientriamo in Piazza Tiziano  e giriamo subito a sinistra in corrispondenza di una agenzia di viaggio; saliamo verso ovest attraverso tipici viottoli e giungiamo al Municipio di Pieve anticipato da una bella fontana in tema con il paesaggio alpino;
qui, alla sua base, gli scavi archeologici hanno portato alla luce i resti di una villa romana del II secolo d.C. dove è ben visibile un antico sistema di riscaldamento a pavimento e uno straordinario pavimento a mosaico con motivi geometrici; un altro tratto di mosaico fu asportato dalla Soprintendenza ed è ora custodito nel Palazzo della Magnifica Comunità del Cadore.
Nella sala consigliare del Municipio è possibile visitare il Museo del Cimeli del Risorgimento Cadorino con reperti unici che costituiscono quanto resta dei Moti Cadorini del 1848. Visitabile dal lunedì al venerdì dalle ore 10,00 alle 12,30.
Ritorniamo sui nostri passi, attraversiamo Piazza Tiziano e prendiamo uno dei vicoli che scende verso il Parco del Roccolo:
una grande area pubblica con sentieri, bar, fontane, giochi per piccoli, campo bocce, la casetta di Babbo Natale,
la biblioteca degli gnomi
e un paio di punti panoramici sul lago e sulla vallata del Centro Cadore. Vale davvero la pena percorrere il sentiero che porta all'altra estremità del parco e affacciarsi sulla palafitta a strapiombo su una visuale spettacolare.
Dopo esserci riposati all'ombra degli innumerevoli faggi presenti nel parco, prendiamo la via del ritorno ma prima, se la stanchezza ce lo permette, possiamo salire sul Monte Ricco; si tratta di una piacevole passeggiata anche se in salita. Possiamo affrontare un accidentato sentiero che dal parco sale prima alla casetta di Babbo Natale (indicazioni in loco) e poi prosegue sempre in salita verso la sommità oppure consiglio il più panoramico e facile percorso che prevede il ritorno verso il parcheggio. Usciamo quindi dal parco, ritorniamo in via Arsenale dove scendiamo verso la casa di Tiziano e poco dopo, immediatamente prima del Museo dell'Occhiale, prendiamo a sinistra Via Vittime del Vajont; su piacevole strada asfaltata, leggermente in salita, lo sguardo comincia a spaziare prima su Pieve con le sue case che si stringono attorno alla chiesa
poi, dopo una curva, sulla frazione di Tai che, sullo sfondo si apre nella Valle del Boite con due sentinelle di eccezione: l'Antelao sulla destra e il Pelmo sullo sfondo.
Lasciando sulla sinistra il monumento al patriota Pier Fortunato Calvi (1931),
continuiamo la salita; la strada diventa sterrata  e si inoltra in uno splendido bosco ombreggiato di faggi. Dopo poco raggiungiamo un bivio; prendiamo il viottolo che porta a destra e, in breve, arriviamo al Forte di Monte Ricco.
Costruito a partire dal 1882, era parte di un importante complesso di opere di sbarramento di postazioni offensive in funzione antiaustriaca denominato "Ridotta Cadore"; recentemente restaurato, è stato trasformato in spazio espositivo. La posizione è splendida e lo sguardo spazia lontano.
Torniamo fino al bivio precedente e prendiamo l'altra stradina che, dopo una breve salita, porta alla Batteria Castello che era destinata ad ospitare le artiglierie e che faceva anch'essa parte della "Ridotta" prima menzionata.
Questa struttura, ora in rovina, è stata edificata sul posto ove una volta  sorgeva il castello di Pieve. Anche da qui il panorama e suggestivo e alcune panchine invitano ad una piacevole sosta.
Possiamo ora tornare alla macchina e, se il tempo a disposizione lo consente, consiglio una puntatina al Lago di Centro Cadore magari per consumare una colazione al sacco o per prendere un po di sole sulle sue sponde.
Le frazioni di Pieve di Cadore sono Tai, Nebbiù, Pozzale e Sottocastello. Gli abitanti dell'intero comprensorio ammontano a circa 3.800 unità.
Altri spunti e approfondimenti nei prossimi post.
Un caro saluto.

lunedì 20 aprile 2020

Il castello di Pieve di Cadore

A Pieve di Cadore, su una altura che domina l'abitato, posta alla confluenza del Boite che si immette nel Piave, sorgeva nei tempi passati un castello medievale sicuramente suggestivo. 
Il sito probabilmente era frequentato sin dall'antichità come luogo sacro pagano.
In seguito, per il controllo delle vie principali e la difesa del territorio cadorino, fu edificato il castello che, insieme a quello di Podestagno in Ampezzo e ad alcune chiuse e varie opere fortificate che facevano capo al castello di Pieve, costituirà l'apparato difensivo denominato "Fortezza di Cadore".
Le opere difensive minori erano costituite da due chiuse (una si trovava a nord di Lozzo, poco a monte della Chiesa del Loreto a difesa delle vie di accesso che arrivavano dal Friuli e l'altra era a monte di Venàs costituta da un fortilizio in legno a difesa della via che portava verso le popolazioni di lingua tedesca) e uno spalto (palizzata di travi e massi) in Val Popena, poco sotto Misurina.
Non si hanno notizie sull'epoca della costruzione del castello di Pieve; il Dott. Jacopi ipotizza che esistesse già nel 900 in funzione difensiva contro le incursioni degli Ungari. La prima testimonianza dl castello risale al 1155 quando il marchese Folco investe Guecello da Camino e la contessa Sofia "per feudum nominative de Castello de Plebe". Nell'aprile del 1421 la rocca passa sotto la dominazione di Venezia che la inserisce nella sfera prefettizia dello Stato da Terra, inviando un Capitano con il compito della sorveglianza militare del territorio e, ovviamente, del castello stesso.
Verso Pieve il castello era inaccessibile per gli strapiombi mentre il resto della struttura era protetto da robuste mura a scarpa che lo rendevano inespugnabile fino all'invenzione delle prime artiglierie che potevano superare le sue difese sia da Monte Ricco che dalle alture sovrastanti Pieve.
L'ingresso era orientato verso occidente, sovrastato da una torre su cui campeggiava il Leone Veneto.
Questa torre con quella del castello di Botestagno della valle d'Ampezzo, fregia lo stemma del Cadore.
Tra le mura della torre trovavano sistemazione le prigioni con quattro celle per rinchiudervi i pochi banditi cadorini: due ricavate nelle fondamenta (giudicate orribili) e due ricavate ai piani superiori. Lungo i muri perimetrali sorgevano un pozzo scavato nella roccia, la cancelleria, gli alloggi del Capitano, la caserma per i soldati, l'armeria e la Santa Barbara, il forno, il magazzino viveri e la cappella di Santa Caterina (due pale ed una statua sono oggi conservati nella parrocchia di Pieve). Al centro insisteva un'ampia piazza d'armi.
Nel 1484 il Cadore chiede a Venezia munizioni per il castello; nello stesso anno la torre viene danneggiata da un fulmine e il 15 marzo si portano sul colle i materiali per il recupero. Nel 1487 il Capitano chiede che almeno un soldato della guarnigione sia addestrato a legare e torturare i prigionieri. Nel 1499 si provvede a rifornire i magazzini di miglio e segale a causa di notizie di movimenti di truppe tedesche ai confini.
Fino al 1516 il Cadore attraversò un periodo di guerra, saccheggi e devastazioni ad opera soprattutto delle truppe dell'Imperatore Massimiliano d'Asburgo impiegato ad arrestare l'ascesa di Venezia nella guerra della Lega di Cambrai; Pieve e il suo castello non ne uscirono immuni. In particolare, il maniero nell'inverno del 1508 fu occupato da un reparto imperiale comandato dal tirolese Sisto Von Trautson e immediatamente dopo (il 2 marzo dello stesso anno) fu riconquistato dai Veneziani e Cadorini, alla guida di Bartolomeo d'Alviano, dopo la Battaglia di Rusecco conosciuta anche come la Battaglia del Cadore. Nel dicembre del 1511 cedette nuovamente agli imperiali guidati dal maresciallo Regendorf per poi ritornare subito dopo sotto il controllo di Venezia. Nello stesso anno ebbero fine le guerre "cambriche" ma non le tensioni.
La Serenissima era restia ad investire cospicue somme per il restauro dell'opera che, comunque, non sarebbero state adeguate a proteggere il maniero dalle artiglierie che andavano sviluppandosi in quegli anni.
Comunque il castello fu restaurato più volte: nel 1547, nel 1565 e, a seguito di un incendio, fu ricostruito nel 1656.
Con la decadenza della Serenissima, il fortilizio subisce la stessa sorte. Nonostante un ultimo restauro avvenuto nel 1720, dopo poco il Capitano si trasferisce a Pieve a causa del suo alloggio inagibile.  La guarnigione di soldati a presidio era sempre più ridotta. Tuttavia, nel 1797, alla venuta dei Francesi, il castello disponeva ancora di parecchie armi e cannoni. Col trascorrere del tempo il maniero fu depredato. 
Addirittura le sue pietre furono usate per la costruzione della chiesa di Pieve e nel 1882 le autorità militari italiane impiegarono quello che era rimasto per la costruzione della Batteria Castello destinata ad ospitare le artiglierie mai entrate in funzione.
Nel Museo Archeologico Cadorino esiste un plastico che riproduce il castello e che rende bene l'idea di quello che era l'austero fortilizio.
Oggi il sito non conserva alcuna traccia della costruzione medievale; si possono soltanto intuire le ragioni che hanno portato gli antichi costruttori a scegliere questo colle per l'edificazione della struttura difensiva che domina i territori sottostanti e le vie di comunicazione.
Un caro saluto.
Riferimenti:
Giovanni Fabbiani - Breve storia del Cadore - Magnifica Comunità di Cadore Edit.; 4^ ed. (1977);
Archivio Digitale Cadorino.