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Lettori fissi

Un piccolo diario che ha come filo conduttore il mio amore per la montagna e per i viaggi in genere... ma anche pensieri e riflessioni su quello che mi circonda perché il vero esploratore è colui che non ha paura di spogliarsi delle ipocrisie e aprirsi all'ignoto.

venerdì 29 maggio 2009

Grazie dottore

L'altro giorno ho ricevuto una mail in risposta ad alcuni saluti fatti ad amici che hanno condiviso con me la recente avventura libanese. 
Questa mail viene da un pediatra dalla grande umanità, pazienza e competenza che, primario presso un importante ospedale del Triveneto, ha lavorato con il mio gruppo per oltre tre mesi prestando la sua opera con i nostri ambulatori mobili. 
La riporto di seguito per conservare su questo blog il ricordo di una persona cara.
Caro Roberto,
mi ha fatto un piacere enorme ricevere la tua mail. A costo di sembrarti malinconico ti assicuro che la mia piccola esperienza a Tibnin è stata importantissima. 
Alcuni  motivi sono ovvi, altri ancora li sto scoprendo. Intanto mi serviva dare uno stacco al lavoro in ospedale, che, pur non essendo affatto routinario, è comunque stressante e "solito". (...)
Quindi aver conosciuto tante persone, di qualunque livello e con così tante differenze di carattere e mentalità mi ha arricchito. Per non parlare di quello che ho ricevuto in termini di soddisfazione dal mio piccolo contributo verso la popolazione libanese. 
Ti dicevo che giorno per giorno ripercorro i vari aspetti della preparazione e mi vengono in mente le lezioni dei tuoi colleghi, e tutti gli altri. 
Da te ho ricevuto molto, ho apprezzato le indicazioni che mi davi senza farle mai calare dall'alto, con il tuo sguardo e il tuo sorriso rassicurante. Adesso capisco meglio la tensione e l'alta responsabilità legata al tuo specifico ruolo. Ti ringrazio perchè mi hai lasciato fare, per avermi consigliato e incoraggiato. 
(...) Non finirei più di scrivere, mi ricordo di tutte le vostre facce, e spero che per tutti l'esperienza in Libano sia stata bella (scusa per questo termine) come per me. 
Non finirò mai di ringraziarti e ti considererò sempre un mio maestro. 
Con affetto...

giovedì 28 maggio 2009

I cimeli di Francesco Giuseppe

Quest'oggi ho ricevuto una gradita mail da parte di Gianfranco Lenzi, giornalista milanese che cura l'ufficio stampa e le pubbliche relazioni dei Principi della Torre e Tasso. 
Mi ha ringraziato per il post che ho pubblicato ieri e mi ha pregato di dare evidenza, su questo blog, ad una interessantissima mostra che si tiene in questo periodo presso il Castello di Duino. Accetto volentieri l'invito dal momento che avevo programmato una nuova visita al maniero duinate proprio per curiosare tra i cimeli del più famoso Imperatore asburgico che la storia ricordi. 

Gianfranco ha avuto la cortesia di inviarmi il comunicato stampa che ha presentato l'evento ed alcune belle foto di parte degli oggetti in mostra che pubblico di seguito. 

IN MOSTRA  AL CASTELLO DI DUINO ORIGINALI CIMELI DI 
FRANCESCO GIUSEPPE 

Fino all’inizio del prossimo mese di novembre saranno esposti più di trecento pezzi, fra bandiere, ceramiche, bronzi, quadri, medaglie, libri e oggetti vari provenienti dalla raccolta privata del collezionista triestino Roberto Monti.
 I legami dell’Imperatore d’Austria con la famiglia dei principi di Duino.  
  
Fino ai primi giorni di novembre,  il percorso turistico all’interno del Castello di Duino, la storica dimora  abitata dai Principi della Torre e Tasso (von Thurn und Taxis) a picco sul Golfo di Trieste, è arricchito, senza ulteriori costi per i visitatori, dall’originale mostra “L’Imperatore a Duino”. Si tratta di una originale e suggestiva esposizione mai prima d’ora aperta al pubblico di più di 300 pezzi provenienti dalla raccolta privata del collezionista triestino Roberto Monti, comprendenti bandiere, porcellane, bronzi, quadri, fotografie, ventagli, pipe, medaglie, libri e oggetti vari,  tutti legati all’immagine e agli stemmi di Francesco Giuseppe e del Casato degli Asburgo all’epoca dell’alleanza con Guglielmo II di Prussia. La maggior parte degli oggetti furono prodotti a scopo di propaganda e messi in vendita allo scopo di raccogliere fondi  per la Prima Guerra Mondiale. La mostra è realizzata con il contributo dela Fondazione CRTrieste e il ricavato dalla vendita del catalogo sarà devoluto alla sezione femminile della sede triestina della Croce Rossa Italiana. L’orario di apertura è continuativo dalle 9,30 alle 17,30 tutti i giorni (tranne il martedì, giorno di chiusura); il biglietto intero costa 7 euro (sono previsti sconti  per famiglie, gruppi organizzati,  anziani e ragazzi mentre i bambini fino a 7 anni non pagano nulla).
Sono molteplici i legami dei contenuti della mostra - allestita lungo il percorso che inanella più di 18 fra saloni, camere e biblioteche finemente arredati e ricchi di straordinari richiami storici, artistici e culturali del Castello - con le vicende dell’Imperatore Francesco Giuseppe e i principi di Duino. 
Gli storici ricordano che quando si pose il problema di trovare per Francesco Giuseppe una moglie adeguata, la scelta della corte viennese cadde su Helene di Baviera, detta Nene figlia del Duca Massimiliano di Baviera. Ma l’Imperatore d’Austra s’innamorò perdutamente di Elisabetta, detta Sissi, sorella minore di Helene che successivamente sposò Maximilian Anton von Thurn und Taxis di Regensburg, cugino del ramo tedesco della famiglia dei principi della Torre e Tasso di Duino. Non solo: fra i tanti momenti felici della coppia imperiale, le cronache dell’epoca ricordano un romantico viaggio a Trieste dove Sissi e Franz furono ospiti proprio dei Principi della Torre e Tasso nel loro stupendo Castello di Duino. E ancora:  quando il 28 giugno del 1914 Francesco Ferdinando, figlio del fratello dell’imperatore, candidato a succedere per linea diretta al defunto principe Rodolfo fu assassinato assieme alla moglie da un sicario del partito bosniaco durante una visita a Sarajevo, era partito proprio dal Castello di  Duino, dove era stato ospite dei Principi della Torre e Tasso.  
(...) Inoltre, il  magnifico parco del Castello, dal quale, con una visione mozzafiato  si domina il Golfo di Trieste, in questo periodo si presenta  ai visitatori nella sua veste migliore. Dopo le bizzarrie e le inclemenze del tempo che hanno messo a dura prova la tenacia e l’abilità dei giardinieri (qui, quando soffia la bora, le raffiche di vento superano i 120 chilometri orari e l’estate scorsa un uragano ha scoperchiato tetti e  sradicato alcuni alberi secolari) torneranno a risplendere come per incanto le fioriture stagionali.    
Milano,  maggio 2009   
Ufficio Stampa Castello di Duino 
LENZI ASSOCIATI 
Gianfranco Lenzi

Tazza con Francesco Giuseppe in divisa da Ussaro
Bronzetto di Francesco Giuseppe con cappotto altezza 20 cm.
Vasetto con Francesco Giuseppe e Guglielmo inneggiante l'alleanza Austro-Germanica
Allegoria dell'Ussaro e del suo cavallo
Genetliaco dell'Imperatore Francesco Giuseppe con Sissi

Insegna delle Poste proveniente da Graz
Piccola scultura in metallo di Francesco Giuseppe in tenuta da caccia

Brocca con allegoria di Francesco Giuseppe dalle manifatture di Chioggia
Sveglia con gli alleati Francesco Giuseppe e Guglielmo
Carnet di ballo con effige di Francesco Giuseppe
Ventaglio con Francesco Giuseppe e i suoi generali autografati realizzato per raccogliere fondi della Croce Rossa
Ricordo di viaggio in Cina dell'Incrociatore Kaiser Franz Joseph dei primi del '900

Un'ultima notizia. il 9 e 10 giugno a Trieste e Gorizia arriverà una troupe internazionale che sta registrando le riprese per il Kolossal di Rai Fiction "Sissi".

mercoledì 27 maggio 2009

Il Castello di Duino

A partire dall'899 e fino all'anno 1000 gli Ungheri, feroci arcieri mongoli, dilagavano per la pianura friulana compiendo sanguinose scorrerie. I regnanti dell'epoca si preoccuparono allora di fortificare il Friuli con la costruzione di castelli infeudati ai loro vassalli tedeschi così come fecero anche il Patriarca di Aquileia ed il Vescovo di Trieste al fine di costituire un minimo di difesa per proteggere i loro feudi. 
Così come successe per il Castello di S. Servolo, fu, probabilmente, in questo contesto storico che sorse il Castello Vecchio di Duino a 40 metri di altezza su uno sperone roccioso 500 metri ad occidente dell'attuale maniero, quasi alle foci del Timavo. 
Dai suggestivi ruderi sopravvissuti al tempo e all'uomo si deduce che il vecchio castello fosse costituito da una torre quadrata di due o tre piani, con scale in legno che adducevano ai livelli superiori, circondata da mura merlate che seguivano il margine della rupe. 
In un angolo c'erano una cisterna per l'acqua piovana, una costruzione in muratura quasi del tutto distrutta e quasi certamente delle tettoie in legno per riparare gli animali. La rupe era collegata alla terraferma da una stretta cresta di roccia delimitata da un muro che rendeva ancora più angusto il passaggio. E' evidente come questa rocca, concepita in modo spartano e su una superficie limitata, fosse imprendibile.
Incerte sono le notizie sui Signori di Duino che pare fossero feudali del Marchese d'Istria prima e del Patriarca di Aquileia poi. I Duinati non avevano grossi titoli nell'aristocrazia dell'epoca ma crebbero di importanza fino a possedere un vasto terreno carsico che si spingeva fino a Fiume.
La storia ci consegna Ugone VI di Duino, personaggio carismatico e avventuriero. 
Dopo essere stato Capitano dei Conti di Gorizia, nel 1366 divenne feudale e Capitano dei Duchi di Asburgo. La sua storia si intreccia spesso con quella di Trieste della quale Ugone era un vicino pericoloso ma prezioso. Infatti, durante l'assedio posto alla città dai Veneziani nel 1369, Ugone inviò in soccorso 40 cavalieri che condussero azioni di disturbo in Istria per alleggerire la pressione su Trieste. L'anno successivo, quando la città, oramai allo stremo, offrì dedizione ai Duchi d'Austria per non cadere nelle mani dei Veneziani, Ugone mise a disposizione degli Asburgo ben cento cavalieri con seguito di paggi, fanti e palafrenieri. Quando, nel 1382, Trieste si diede definitivamente all'Austria di Leopoldo, Ugone fu nominato Capitano della città e mantenne la carica fino alla sua morte (1391). Nel 1389 ottenne dal Duca Alberto d'Austria il permesso di erigere il nuovo castello.
Alla sua morte castello e feudo passarono alla famiglia dei Walsee cui apparteneva Romberto che sposò la figlia di Ugone, Cattarina. Fu questa potente famiglia Sveva, fedele agli Asburgo, che terminò di edificare il nuovo castello nel XIV sec. sulle rovine di un avamposto romano.
Le primitive strutture del nuovo castello sono pressoché scomparse.
Nel 1470 resistette ad un cruento assalto dei Turchi.
Nel 1472 i Walsee cedettero il castello all'Imperatore Federico III d'Asburgo. Nel 1508 i Veneziani si impossessarono del castello che ritornò tra i possedimenti della Casa d'Austria quando l'Imperatore Massimiliano lo riconquistò e ne fece la sede per il suo Capitano. Entrarono così nel castello gli Hoffer. Con la morte di Mattia Hoffer in battaglia nel 1587, il castello passa a Raimondo VI della Torre che ne sposa la figlia Ludovica e, alla morte di questa, la sorella Chiara.
Il nuovo signore faceva parte di una potente famiglia lombarda di banchieri che deteneva il monopolio del servizio postale nell'Impero. Un ramo di questa famiglia è tuttora proprietario del Castel Tasso di Vipiteno che ho visitato recentemente e di cui scriverò in altro post.
Nel 1653 il castello diventa interamente proprietà dei Torriani quale riscatto per un grosso prestito fatto all'Imperatore. Il feudo che ne dipendeva era piuttosto ampio con una sessantina di villaggi carsici.
Nel 1783 moriva l'ultimo dei Torriani senza lasciare eredi maschi. La figlia sposava il Principe di Hohenlohe e il castello passò ancora di mano per circa un secolo quando la Contessa Maria di Hohenlohe convince il marito, Principe Alessandro di Torre e Tasso ad acquistarlo dalla suocera.
Alla fine dell'800, quindi, il vessillo dei Torriani tornava a sventolare sull'antica torre romana. A questa famiglia si devono i più imponenti lavori di ristrutturazione del castello che, soprattutto nel XVII secolo, trasformarono il maniero da edificio bellico in dimora principesca.
Il prestigio della famiglia nel corso dei secoli fu accresciuto dalle unioni con le più importanti casate europee: dai Gonzaga di Mantova ai reali di Grecia e Danimarca; dai Bonaparte agli Zar di Russia e ai reali d'Inghilterra. 
Nel 1917 il castello subì un pesante bombardamento da parte delle artiglierie italiane che distrussero buona parte dei suoi antichi edifici. Negli anni Venti venne ricostruito rispettando la sua architettura originale.
Parte delle scuderie e delle foresterie è stato ceduto al Collegio del Mondo Unito dell'Adriatico.
Come ogni castello che si rispetti, anche Duino ha una leggenda da raccontarci, una leggenda legata al vecchio maniero. 
La leggenda della Dama Bianca. Quest'ultima era la sposa di un signore crudele e violento che, un giorno, in un impeto di collera, la scagliò giù dalle mura del vecchio castello. Ma il Cielo non permise che la sventurata si sfracellasse sulle sottostanti rocce e la trasformò in pietra. Alla base della rupe c'è, difatti, ben visibile dal mare, una roccia dalle forme di donna velata in atteggiamento mesto. 
La leggenda continua raccontando che alcune notti la Dama Bianca si rianimi e vaghi disperata per i ruderi del castello cercando la culla del suo bambino.
Un'altra storia è legata allo scoglio di Dante che si trova nell'insenatura tra il vecchio ed il nuovo castello e che, con la bassa marea, si raggiunge per mezzo di una stretta lingua di roccia. 
Pare che su questo scoglio venisse a meditare il sommo poeta nel periodi in cui sarebbe stato ospite dei Signori di Duino.
Mentre del soggiorno di Dante non v'è certezza, un fisico riporta nel 1764 una curiosa notizia. Sulla torre del vecchio castello c'era un fante di guardia che aveva il compito di avvistamento dei battelli che accedevano al canale del Timavo e di segnalazione delle tempeste. Quando queste ultime si manifestavano in lontananza, la sentinella suonava una campana per avvisare naviganti e contadini. Un giorno la sentinella con la punta della sua alabarda toccò inavvertitamente il filo metallico che azionava la campana sprigionando una scintilla. Al fenomeno assistette per caso un monaco del Convento dei Serviti che, dopo aver riflettuto sul fenomeno, ideò una sorta di rudimentale stazione meteorologica. Sulla torre pose un'asta di ferro appuntita. Di tanto in tanto la sentinella avvicinava la sua alabarda alla punta in ferro; se tra queste due si creava una scintilla era segno di una imminente tempesta e doveva dare l'allarme. 
Ma torniamo alla storia più o meno contemporanea. 
Alla fine del XIX secolo due donne di notevole spessore, Teresa Thurn-Hofer Valsassina e sua figlia Maria von Thurn und Taxis, aprirono il salotto del castello ai migliori nomi dell'arte e della cultura europea contemporanea. E così furono ospiti di Duino i compositori Johann Strauss e Franz Liszt; la Principessa Elisabetta d'Austria (Sissi), L'Arciduca Massimiliano d'Asburgo e sua moglie la Principessa Carlotta del Belgio (proprietari del vicino Castello di Miramare), l'Arciduca Francesco Ferdinando d'Austria poco prima di andare incontro al suo tragico destino a Sarajevo, poeti e scrittori come Mark Twain, Gabriele D'Annunzio, Paul Valéry, Hugo von Hofmannsthale e Rainer Maria Rilke di cui ho già parlato in occasione della visita del sentiero che porta il suo nome. Più recentemente il Principe Raimondo della Torre e Tasso ha ospitato celebri scienziati del vicino Centro di Fisica Teorica di Miramare e, inoltre, il Principe Carlo del Galles e l'Arciduca Otto di Asburgo. Raimondo è stato un personaggio emblematico del suo tempo; idealista e cosmopolita, per primo nell'Adriatico, issò sul suo castello la bandiera dell'Europa Unita e fu uno dei fondatori del già citato Centro di Fisica Teorica di Miramare e del Collegio del Mondo Unito dell'Alto Adriatico.
Il castello oggi è la residenza del terzo Duca di Castel Duino, Carlo Alessandro della Torre e Tasso (Von Thurn und Taxis), che lo ha aperto alle visite 
e ad eventi sociali insieme al magnifico parco con i suoi viali romantici 
decorati con statue e sculture d'epoca, fontane,
terrazze e spalti aperti sull'immensità del mare. 
Le informazioni sugli orari e su come arrivarci le potete trovare nel sito ufficiale del castello.
L'edificio si presenta come una costruzione composita e massiccia, entrando nel cortile del castello 
colpisce subito la svettante torre cinquecentesca cha conserva intatta la sua struttura bimillenaria come attesta la lapide commemorativa di una visita dell'Imperatore Diocleziano nel III sec. d.C.
All'interno del maniero sono visitabili 15 sale con gli arredi, i quadri, gli oggetti preziosi, i libri 
e i ricordi raccolti per secoli che gli conferiscono un'atmosfera elegante e calda.
Il percorso della visita, che dura un'ora e mezza, dà modo di ammirare anche il prezioso pianoforte di Listz.
Un capolavoro di architettura è la scala del Palladio.
Veramente suggestivo è il panorama che si gode dall'alto della torre 
che spazia a 360 gradi dal Carso al mare.
Nella visita al castello è possibile visitare anche il bunker che ha una superficie di 400 mq. per una profondità di 18 mt. 
Fu costruito nel 1943 dall'Organizzazione TODT per la Kriegsmarine tedesca a difesa della base di Sistiana contro un eventuale sbarco alleato. La Venezia Giulia faceva parte della zona di operazioni "Adriatisches Kustenland". Nel 1944 la base di Sistiana accolse la "Kleinkampfmittel Flottille 411" con i suoi sottomarini tascabili Molch (Tritone). Molti abitanti locali, prima che il bunker fosse armato di cannone, si rifugiavano all'interno quando scattava l'allarme per i bombardamenti. Dal 1945 al 1954, il bunker ospitò un deposito carburanti dell'Esercito Inglese. Dal 2006 è stato aperto al pubblico a testimonianza di quei tragici anni.

lunedì 25 maggio 2009

Il sentiero del Ponale



Questo ardito percorso l'ho frequentato nel mio ultimo soggiorno estivo a Riva del Garda e merita senz'altro un post tutto suo su questo blog.
Paesaggi incantevoli si ammirano sospesi tra il verde della vegetazione e il blu cobalto del Lago di Garda su un itinerario ricavato sulla vecchia strada che collega Riva del Garda alla Valle di Ledro.
Questa strada venne realizzata nel 1851 dall'imprenditore Giacomo Cis e fu abbandonata negli anni '80 quando si costruì il nuovo tunnel di collegamento per la Valle di Ledro. Nel 1999, a seguito dell'ennesima frana, la strada venne chiusa definitivamente al transito. 
Ne è seguito un breve oblio terminato quando, nel 2004,  la Provincia di Trento l'ha trasformato in sentiero naturale. 
Secondo alcune testimonianze, l'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe, nel 1852, percorse questa strada in un fuori programma rifiutando la scorta assegnatagli e proseguendo al cospetto delle verticali pareti di roccia con la sola compagnia del Duca di Mantova, del suo cocchiere e di una guida locale.
Intitolato a Giacomo Cis, il sentiero si presenta oggi completamente rinnovato, senza asfalto nel tratto iniziale e con numerosi manufatti lungo il suo percorso. La lieve pendenza (5% di media) consente di compiere il percorso agevolmente in mountain bike o a piedi.
L'imbocco del sentiero si trova sulla strada Gardesana che porta a Limone, poco prima della galleria, sulla destra si stacca una rampa che supera il tracciato stradale e confluisce nel nostro sentiero.
Il paesaggio domina il basso Sarca, 

il caratteristico Monte Brione, adagiato tra Riva e Torbole, 

lo specchio d'acqua dell'alto Garda e il Monte Baldo

I panorami mozzafiato 

invitano a ripetute soste tra una vegetazione tipicamente mediterranea costituita da lecci e cipressi. 

Il caldo estivo si stempera all'ombra delle numerose gallerie artificiali che avremo modo di incontrare nel corso dell'escursione.

Nel primo tratto possiamo avvertire le mute presenze di fortificazioni e manufatti austro-ungarici costruiti per impedire la discesa delle truppe garibaldine, provenienti dalla Valle di Ledro, verso il Garda e successivamente per la difesa del confine dello stesso impero asburgico con l'Italia alla vigilia della Prima Guerra Mondiale. Praticamente quasi nascosto all'occhio distratto, nelle viscere del costone roccioso è stata sviluppata una eccezionale opera di difesa su cinque livelli, costituita da un labirinto di gallerie, corridoi, ambienti e trincee in posizione panoramica e che prende il nome di "Tagliata del Ponale" o "Forte Teodosio". La Tagliata ha il nucleo principale in corrispondenza della terza galleria 

anche se lo sbarramento propriamente detto lo incontreremo più avanti in corrispondenza della settima galleria. Questo imponente complesso, pur se in buone condizioni, non è visitabile; se volete dare un'occhiata ad un'altra opera difensiva potete fermarvi ad "esplorare" la Batteria Bellavista o della Madonnina che sorge su un piccolo promontorio a pochi minuti di cammino dall'inizio della passeggiata e ben prima della "Tagliata". 

Questa fortificazione in cemento era posta a difesa del porto di Riva in posizione invidiabile.

Costruita poco prima dello scoppio del primo conflitto mondiale era armata con quattro cannoni da 80 mm. a tiro rapido, due postazioni per mitragliatrice e tre fuciliere scudate; un cunicolo scavato nella roccia 

portava ad una torretta sovrastante con la funzione di osservatorio con riflettore notturno e ad una serie di trincee per i fucilieri. 

Una grossa catena partiva da questa posizione e, sotto il pelo dell'acqua, arrivava fino a punta Lido quale ulteriore misura di protezione del porto contro le incursioni nemiche.

Altra cosa interessante da visitare è il Defensionmauer cui si accede attraverso un sentierino che parte una decina di metri prima dell'ultima galleria. Questo muro di difesa fu teatro di cruenti combattimenti durante la Prima Guerra Mondiale. La fortificazione aveva una guarnigione di 100 uomini e due mitragliatrici con lo scopo di impedire la discesa delle forze italiane dalla Val di Ledro. Nel gennaio del 1916, il Comando Militare Italiano predispose un attacco contro queste linee difensive austriache; decisione avventata che non tenne conto dell'alto numero di perdite umane che tale attacco avrebbe comportato senza il conseguimento di risultati importanti. Il 4 aprile, dopo un intenso tiro preparatorio delle artiglierie di grosso calibro italiane dal passo Nota, da Navene e dal Baldo, gli Italiani attaccano sotto un fuoco avversario micidiale. Gli assalti si ripetono svariate volte con fortune alterne e, durante le pause, le artiglierie vomitano il loro carico di micidiali granate. La posizione fu presa la sera del 10 aprile e della guarnigione di 100 Kaiserjager e Landschutzen solo una decina vennero fatti prigionieri mentre i rimanenti giacevano morti tra le macerie. Oggi la natura, indifferente alle vicende umane, sta pietosamente celando queste ferite agli sguardi di turisti e viandanti.

Dopo qualche chilometro, in corrispondenza dei ruderi dell'antico ristorante Belvedere, lo sterrato lascia il posto al vecchio asfalto. Ci troviamo ad un bivio: a destra si sale verso la Valle di Ledro ma io prendo a sinistra verso Pregasine. Si attraversa la gola mediante la quale la Valle di Ledro si congiunge con il Lago di Garda. 

Superato il ponte che scavalca il Ponale,  sulla destra si stacca un sentiero, dapprima in discreta pendenza ma che, in breve, diventa comodo e ampio e che conduce all'abitato di Biacesa.

Interrompo quindi l'itinerario principale sul quale ritonerò presto per immergermi in un percorso caratterizzato da alcuni manufatti di archeologia industriale. Difatti dopo una trentina di minuti mi imbatto, sulla sinistra, in una calchera ristrutturata;  

è di tipo tradizionale simile ad un silos in muratura. Veniva utilizzata per ricavare la calce sfruttando il principio chimico della disidratazione del calcare (carbonato di calcio) con la liberazione di anidride carbonica. La fornace veniva riempita con i sassi e il calore era fornito da fascine, ricavate dai boschi circostanti, che bruciavano a fiamma viva per almeno una settimana. Durante la cottura che avveniva a temperature elevatissime (attorno ai 900°), i sassi calcarei perdevano circa metà del loro peso. Dopo che la calchera si era raffreddata, si procedeva all'estrazione della calce viva che, mescolata con la sabbia, formava la malta impiegata nell'edilizia.  Già nel 1274 gli "Statuti di Riva" ponevano vincoli sul taglio della legna necessaria per il funzionamento della fornace.
Proseguendo per altri 20-30 minuti sulla destra si stacca un sentierino in leggera discesa che in breve porta ai resti dell'ex Centrale idroelettrica Rovereto che entrò in funzione nel 1906 dopo che la precedente centrale sul fiume Leno era divenuta insufficiente per la città di Rovereto. Il sito è ancora proprietà dell'ENEL ed è interdetto al libero accesso ma è incustodito e, pertanto, ho comunque superato il cancello in legno e ho esplorato questo edificio isolato, squadrato ma non privo di una sua grazia. 

Colpisce il silenzio di questo posto che un tempo doveva essere piuttosto rumoroso e pieno di attività mentre ora giace seminascosto e oramai in piena decadenza.

Adesso conviene tornare indietro per lo stesso sentiero fino a ricongiungerci con il "Ponale", che avevamo abbandonato in precedenza, per procedere verso Pregasina.

Dal bivio il percorso si inerpica con alcuni panoramici tornanti e poi su un breve tratto di strada aperto al traffico fino al delizioso paesino di Pregasina. Qui uno stupendo belvedere con una grande statua dedicata alla "Regina Mundis" ci invita alla sosta per ammirare quello che lo sguardo riesce ad abbracciare. 

Per arrivare fin qui abbiamo superato un dislivello di 400 mt. percorrendo circa 10 chilometri. A questo punto ci sono tante possibilità di proseguire ma, all'orizzonte, si stagliano nuvoloni neri che non promettono niente di buono 

e conoscendo la rapidità con cui cambia il tempo sul bacino del Garda, 

decido di ritornare velocemente verso Riva godendo adesso di suggestivi panorami 

nell'imminenza dell'arrivo di un violento temporale estivo 

che faccio appena in tempo ad evitare pochi minuti dopo essere salito in macchina.

Cartografia di riferimento: carta escursionistica 1:25.000 nr. 112 La Rocchetta di Riva del Garda - Edizioni 4LAND oppure potete scaricare una versione della stessa casa editrice realizzata per la S.A.T. con scala 1:10.000 qui.