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Lettori fissi

Un piccolo diario che ha come filo conduttore il mio amore per la montagna e per i viaggi in genere... ma anche pensieri e riflessioni su quello che mi circonda perché il vero esploratore è colui che non ha paura di spogliarsi delle ipocrisie e aprirsi all'ignoto.

sabato 28 agosto 2010

Il lago di Bohinj (Bohinjsko jezero)

L'incantevole lago di Bohinj ai piedi del Triglav, circondato da pareti boscose, è il maggiore della Slovenia, con una superficie di 318 ettari e profondo fino a 45 metri; è molto pescoso.
Per arrivarci è sufficiente partire dal lago di Bled e percorrere, in direzione sud-ovest, l'unica strada (n. 209) che lo costeggia. In breve siamo nella stretta valle della Sava Bohinjka e dopo 32 km. arriviamo alla nostra meta. Occorre prestare attenzione negli ultimi chilometri perchè le indicazioni non sono sempre ben chiare; in tutti i modi, in caso di dubbi, tenetevi alla vostra destra e arriverete al lago senza problemi.
Riesco a trovare parcheggio in un prato privato pagando 2 Euro ad un ragazzo.
Devo dire che quello di Bohinj è un bel lago ma, a differenza di quello di Bled, come se ne vedono tanti nell'arco alpino.
Sulla sponda meridionale una strada panoramica si spinge verso Ovest raggiungendo l'abitato di Ukanc con gli impianti a fune che per il Monte Vogel.
La sponda settentrionale, 
sotto il monte Vogar e il massiccio di Prsivec è percorsa da un bel sentiero che sotto un sole gagliardo percorro quasi per intero. 
Tutto attorno splendidi prati 
che oltre ad essere utilizzati come area pic-nic fungono anche da zona di atterraggio per i paracadutisti
che si lanciano dai monti circostanti.
Il lago è balneabile e molto frequentato. 
Numerose spiaggette offrono ristoro ai bagnanti.
Ritornando sui miei passi,
e, dopo aver incontrato sul mio cammino una bella chiesa che si specchia sul lago,
supero il ponte dell'emissario (Sava)
e percorro anche un piccolo tratto della strada sulla sponda meridionale ricco di esercizi commerciali, giardini e l'imbarcadero orientale.
A giudicare dalla trasparenza delle acque il lago ha un ecosistema integro.
Dopo aver gironzolato sulle sue rive ritorno alla macchina e con questa passeggiata pongo fine (ahimè) alla mia vacanza sulle Giulie.
Un caro saluto.

domenica 22 agosto 2010

Il lago di Bled

Giornata di sole pieno. Le previsioni non hanno sbagliato. Anche se è domenica e in strada ci saranno tante persone, decido di non lasciarmi sfuggire questa giornata luminosa per cui, di buon ora, parto per andare a visitare il lago di Bled (Blejsko jezero) in Slovenia.
Parto come sempre da Tarvisio e seguo le indicazioni per i laghi di Fusine e per la Slovenia; supero il bivio per i laghi e in breve sono alla frontiera. Duecento metri dopo mi fermo al distributore di carburante sulla sinistra per acquistare la vignetta adesiva per l'accesso alle autostrade slovene (€ 15 per una settimana) in quanto per arrivare a Bled dovrò percorrerne un breve tratto. Ripresa la strada supero Kranjska Gora e, nei pressi di Jesenice, imbocco l'autostrada in direzione Lubiana e dopo poco meno di 20 km. esco seguendo le indicazioni per Bled. Meno di un ora dopo essere partito da Tarvisio sono già sul lago e non ho problemi a trovare un parcheggio sul lungolago. Ho fatto bene a partire presto.
Sono in uno dei più importanti centri turistici della Slovenia a 500 m. s.l.m. Il paese conta circa 5300 abitanti ed il suo incantevole lago è frequentato in ogni stagione da una raffinata clientela attirata anche dai migliori alberghi del paese.
I terreni morenici che costituiscono la fertile valle attorno al lago sono stati abitati fin dall'età del Ferro quando iniziò lo sfruttamento dei giacimenti minerari come risulta dal rinvenimento di alcune sepolture del VII e V sec a.C. Nel VI sec. ci fu il primo afflusso di tribù slave che si stabilirono nella valle e sulle terrazze moreniche circostanti avviando una modesta agricoltura. La seconda penetrazione slava si ebbe nei sec. IX-XI come documentato da reperti archeologici scoperti sotto l'ingresso del castello, sull'isola del lago e in altri siti della cittadina. In un documento del 1004 si menziona per la prima volta Bled; con questo importante documento l'Imperatore Enrico II concesse la vasta contea di Bled, compresa tra i due rami della Sava, al Vescovo di Bressanone Alboino. L'influenza dei vescovi durò fino al 1803.
Agli inizi del XVI sec. il Vescovo diede il feudo in concessione permanente ai conti von Kreigh, il cui dispotismo inasprì i rapporti con la popolazione, cosicché nel 1515 scoppiò la rivolta. I conti vennero cacciati e il castello  fu distrutto; ne conseguì solo qualche miglioramento economico per la popolazione.
Il castello venne ricostruito dai nuovi feudatari, gli Auersperg, conti di Turjak, che non sopportarono a lungo l'ingerenza del Vescovo e si fecero promotori del Protestantesimo. Dopo anni di lotta il Vescovo riconquistò la contea fino alla caduta del Sacro Romano Impero. I diritti feudali allora passarono allo stato asburgico mentre le proprietà vennero restituite al Vescovo dopo la firma del trattato di Vienna. Pochi decenni dopo il prelato di Bressanone mise in vendita le proprietà che vennero acquistate da Victor Ruard, proprietario della ferriera di Jesenice, mentre il castello passò più volte di mano.
Nei primi decenni del XIX sec. Bled cominciò a essere frequentata dai turisti, sia per visitare il santuario mariano sull'isola, sia per beneficiare delle cure termali. Il flusso turistico crebbe in seguito alla costruzione della ferrovia Lubiana-Tarvisio (1870) che passava nei pressi e per la diffusione degli studi del medico svizzero Arnold Rikli il quale indicò Bled come il luogo ideale per recuperare la salute, provvedendo anche a far costruire degli alloggi per gli ospiti che seguivano la sua cura. La fama di Bled raggiunse Vienna e in pochi decenni la cittadina divenne una delle mete più frequentate dalla nobiltà e dalla borghesia mitteleuropea con l'apertura di alberghi e la costruzione di ville.
Il colpo d'occhio che si ha appena arrivati al lago è qualcosa di meraviglioso: una brezza piacevolissima increspa appena le verdi acque sulle quali si specchia il castello che domina da una alta rupe. 
In un angolo del lago giace l'isoletta che con il castello caratterizza inequivocabilmente questo specchio d'acqua;
tra la folta vegetazione dell'isola svetta agile e magnifico il campanile della chiesa mariana che da secoli troneggia al centro del lago. 
Tutto attorno sono circondato dalle vette delle Karavanke con lo Stol (2236 m.) e delle Giulie con il Triglav (2863 m.)
Dal livello stradale accedo agevolmente al sentiero che costeggia tutto il lago. Sono sulla sponda meridionale e mi dirigo verso destra passando davanti ad alcuni grandi alberghi; i turisti stanno facendo pigramente colazione. Su pontili sospesi sul lago qualche mattiniero ha già fatto il bagno ed ora prende il sole ammirando i torrioni del castello sulla sponda opposta. 
Alcune anatre sonnecchiano sui prati.
I barcaioli sono in attesa dell'arrivo della massa dei turisti per cominciare la spola tra la riva e l'isola con le loro pletne
Un quadretto di una serenità entusiasmante. Senza fretta mi avvicino al castello, 
sulla sponda nord e arrivo fino a sotto le pendici del poggio sul quale è stato maestosamente edificato.
Cerco e trovo un sentiero che mi porti alla base del castello per poterlo visitare ma di questo scriverò in un altro post. 
Terminata la visita ritorno sul lago che è quasi tutto circondato da un magnifico parco.
Il colore delle acque cambia a seconda dell'incidenza dei raggi del sole sulla sua superficie.
Questa superficie è di 144 ettari e la profondità massima del lago è di 30 metri. Come ho scritto prima, il lago è di origine glaciale e si è formato dopo il ritiro del grande ghiacciaio del Triglav che ha scavato l'intera vallata risparmiando solo l'isola conica nel lago e la rupe rocciosa del castello. Dal fondo sgorgano sorgenti di acqua a 20-23°C che d'estate mantengono la temperatura dell'acqua non superiore ai 25°C. La navigazione a motore è vietata.
Proseguendo nel mio giro del lago, in senso antiorario, mi avvicino sempre più alla caratteristica isoletta (Blejski otok). 
Tra la folta vegetazione si intuisce il complesso armonioso delle costruzioni. 
Il sentiero ora passa su passerelle sospese sull'acqua smeraldina.
La visuale migliore della Blejski otok si ha dalla sponda meridionale da dove si può apprezzare la maestosa gradinata dell'eremo con il Marijino vnebovzetje, il santuario dell'Assunta e il campanile gotico del XV sec. alto 54 metri con la parte sommitale barocca del 1690.
Non si può non restare innamorati di questi posti. 
Ancora più spettacolare è la vista sull'isola che si ha affacciandosi dai parapetti del castello.
Le acque sulla riva ora sono coperte da vegetazione galleggiante con bellissimi fiori che assecondano placidamente il tenue moto ondoso del lago.
In breve sono alla macchina;
il giro del lago è lungo cinque chilometri e mezzo. 
Sono passate quattro ore e non mi sono accorto del tempo che passava... è proprio vero che quando si sta bene il tempo perde la sua reale dimensione.
Un caro saluto.

sabato 21 agosto 2010

Cima del Cacciatore

Quando si è in vacanza i giorni scorrono troppo velocemente. Quando poi anche le condizioni meteorologiche non aiutano, la cosa può risultare piuttosto antipatica.
Questa mattina ancora una giornata grigia ma le previsioni dicono con scarse probabilità di precipitazioni.
Andare in montagna col cielo coperto (ma non è solo un problema della montagna) significa rinunciare agli splendidi colori della natura e molto probabilmente anche a panorami mozzafiato.
Nonostante questo decido di tentare la salita alla Cima del Cacciatore.
Questa montagna è un rilievo delle Giulie che raggiunge i 2071 metri e si eleva nella foresta millenaria di Tarvisio, fra la Valbruna e la Vale di Riofreddo. E' conosciuto anche come Steinerner Jager o Cacciatore di Pietra perchè una antica leggenda narra di un cacciatore che sparò contro il vicino Santuario del Monte Lussari e venne trasformato in pietra.
Una pietra composta da dolomia dello Sciliar (dolomie bianche e grigie e calcari dolomitici).
Ho citato prima il Lussari e infatti per raggiungere il Cacciatore occorre salire su questa montagna, magari approfittando della cabinovia (12 Euro il biglietto di andata e ritorno). 
Ed eccomi per l'ennesima volta al cospetto del magnifico borgo del Lussari che sembra abbarbicato al suo piccolo Santuario. Non ho fatto foto perchè il cielo è veramente scuro.
Entro nel borgo, percorro l'unica viuzza piena di localini e proseguo sulla vecchia e panoramica strada militare che attraversa a Ovest sia il Lussari che il Prasnig in discesa.
Arrivato a una piccola cappella votiva (1715 m.), 
dove ha termine la Via Crucis meglio conosciuta come Sentiero del Pellegrino che sale dalla Valle di Lussari, imbocco il sentiero che parte alle spalle dell'edificio ed è marcato con il segnavia CAI n. 613. 
Questo sentiero, con modesta pendenza entra in un bosco misto di faggi, abeti, aceri e betulle.
In autunno credo che questo posto sia un'esplosione di colori caldi, oggi è solo un bosco di un verde bruno sotto un cielo grigio. Superata una forcella, il sentiero prosegue ai piedi delle dirupate pendici della Croce del Poverello, 
un'elevazione rocciosa che rappresenta il contrafforte più settentrionale della Cima del Cacciatore e segna una quota di 1942 m.
Il bosco si fa più rado, la pendenza è aumentata notevolmente e, con essa, anche la fatica. Dopo un attraversamento a mezza costa, tra mughete e rododendri, salgo a tornanti una ripida conca detritica raggiungendo la soglia morenica dell'anfiteatro ai piedi delle cime sommitali del Cacciatore.
L'ambiente si è fatto improvvisamente severo e affascinante. Una alta bastionata rocciosa grigia chiude l'orizzonte su tre lati, ai piedi estesi ghiaioni, risultato del lavoro di antichi ghiacciai. Sul fondo un piccolo residuo di nevaio e di fronte una strana macchia di erba a forma di gigantesco cuore.
Dopo la contemplazione, riprendo il cammino seguendo le evidenti tracce del sentiero, 
percorrendo con un traverso in salita il lato destro del circolo glaciale. 
Qui il sentiero diventa piuttosto friabile e occorre procedere con cautela. 
L'ambiente continua ad essere selvaggio.
Su una parete di roccia alla mia destra noto una vecchia targa dedicata al Capitano degli Alpini Giuseppe Falcone travolto da una slavina mentre tracciava una nuova via nel 1970.
Un attimo di raccoglimento davanti alla targa che avrebbe bisogno di essere restaurata e riprendo il cammino.
Finalmente arrivo al punto "focale" del percorso: sono alla base del canale che separa le due cime del massiccio. 
Una specie di fenditura attrezzata con cavi di acciaio per agevolarne la salita. Sono solo, non conosco l'itinerario e sono indeciso sul da farsi; qualcuno mi ha detto che proseguendo sul sentiero si può evitare questa "ferratina".
Provo ad andare avanti ma il sentiero peggiora ed è sempre più instabile. Arrivo ad una selletta da cui parte un sentiero che in cresta sembra dirigersi verso la cima. Mi siedo per riposarmi e il tempo continua a peggiorare; dalla Valle di Riofreddo salgono fredde nuvole, mi passano davanti e vanno a coprire la vetta del Cacciatore. 
Alcuni gracchi alpini si levano in volo; il loro piumaggio nero li fa sembrare dei corvi.  Comincio a sentirmi scoraggiato ma imbocco il sentiero di cresta. Niente da fare; dopo una cinquantina di metri il sentiero diventa impraticabile. Ritorno sui miei passi e con cautela raggiungo nuovamente il canale attrezzato. 
Vedo escursionisti che vanno su e mi aggrego anch'io.
Il canale presenta una paretina attrezzata con una corda fissa e nel prosieguo della salita troverò altre  due corde fisse. Dopo il primo "strappo" mi trovo nella depressione che divide le due cime su un pendio di detriti instabili. Qui occorre fare molta attenzione a non scaricare pietre su chi ci segue. 
Arrampicandomi con cautela, finalmente, intravedo molto vicina la croce in ferro che segna la vetta orientale, la più alta.
Bene! Escursione riuscita!
Sono sulla vetta del Cacciatore. 
Quassù, in uno spazio chiaramente angusto, trovano posto la croce in ferro, una campana e la custodia del libro di vetta. 
Anche se il tempo non è un granché, si intuisce che il panorama è mozzafiato. 
Le Caravanche slovene, i Tauri austriaci, le Carniche, lo Jof di Montasio, lo Jof Fuart, i monti della Valle di Riofreddo e della Val Coritenza e naturalmente il Lussari, unica isola di sole in tanto grigiore. 
Data l'ottima posizione, durante la Grande Guerra sulla cima si trovava un piccolo osservatorio mentre nella sottostante Sella Prasnig erano posizionate artiglierie, mitragliatrici e trincee austriache a sbarramento del passo verso la valle di Riofreddo da cui si poteva raggiungere facilmente Tarvisio, sede del comando austriaco e le fortificazioni di Cave del Predil
Dopo aver fatto numerose fotografie, aver suonato la campana e aver recuperato il fiato, mi accingo a scendere con grande attenzione, almeno fino alla fine del tratto attrezzato.
In un'ora sono alla cappelletta incontrata all'inizio.
Non essendo ancora sazio di montagna decido di scendere sul sentiero del pellegrino fino alla Malga Lussari per mangiare qualcosa. 
La malga è proprio rustica, 
vi si fa il formaggio e la ricotta (come in tutte le malghe) e fanno anche piatti caldi per gli escursionisti.
Salsiccia, frico, polenta e birra mi danno ristoro 
immerso in un paesaggio "svizzero"
il tutto per € 11,50.
Ora, però, c'è il problema di risalire al Lussari. Dalla cappelletta sono sceso di parecchio e per arrivare alla funivia devo superare ancora un dislivello di 200 m. Mi metto faticosamente in cammino mentre il tempo volge finalmente al bello. 
Con gambe legnose arrivo al borgo,
approfitto dell'ottima luce per "sparare" qualche foto.
infine, mi avvio alla funivia prima che arrivino le 17,15, corsa di chiusura degli impianti, non prima di aver dato un ultimo sguardo sul Lussari.