Tanto tempo fa, un contadino conduceva da Krimml un toro che aveva acquistato al mercato ma l'animale non voleva saperne di scendere a valle e, se avesse potuto, avrebbe preferito ritornare sui Tauri. A causa delle renitenze del bovino, il contadino picchiò col bastone il toro che, imbestialito, scavò con zampe e corna un grosso buco. Tra le pietre che volarono in aria qualcuna aveva dei riflessi dorati. Il contadino, pensando fosse oro, le portò dall'orefice. Ma si trattava solo di rame. Allora si cominciò a scavare e si trovò un giacimento così grande che vennero chiamati i minatori che stavano oltre i Tauri di Krimml e la miniera iniziò la sua attività.
Questa è la leggenda della nascita della miniera di Predoi, un minuscolo paese che si trova alla fine della strada che percorre la Valle Aurina.
In realtà, quando l'industria mineraria all'inizio del XV secolo conobbe la sua prima fioritura, i cercatori percorsero in lungo e in largo il Tirolo cercando il minerale con la bacchetta da rabdomante ed erano in grado di individuare un giacimento nel terreno attraverso un'attenta osservazione della natura. La presenza di certe piante e la natura delle acque erano preziosi indicatori della presenza di un giacimento. I primi minatori a Predoi scavavano il minerale partendo dal punto del suo affioramento dal suolo. Essi penetrarono nel giacimento per mezzo di pozzi verticali, attraverso i quali non solo veniva estratto il minerale, ma veniva asportata anche l'acqua. Quando i pozzi furono troppo profondi per portare in superficie metallo e acqua, si cominciò la perforazione di gallerie (quasi) orizzontali che dal fianco della montagna portavano al giacimento che si sviluppava in verticale. Queste gallerie servivano per la coltivazione del minerale e per il deflusso delle acque percolanti che fuoriuscivano all'esterno grazie alla leggera pendenza delle gallerie stesse. A causa della conformazione del luogo, tali opere erano tanto più lunghe (e tanto più recenti) quanto più esse erano situate vicino al fondovalle. Ci sono più di venti gallerie dirette verso le vene del minerale
Il punto di affioramento da cui tutto ebbe origine si trova a quota 2.000 metri nei pressi della Croce di Valrossa al di sopra del limite boschivo, mentre la galleria più recente è quella di St. Ignaz.
Tutte le vecchie gallerie più elevate della miniera sono state realizzate con la tecnica della sottoescavazione, cioè scavate a mano con punta e mazzetta. Invece la galleria maestra St. Ignaz fu realizzata in tutta la sua lunghezza con la polvere da sparo. Nella miniera di Predoi la polvere nera fu impiegata per la prima volta nel 1637, nessuna miniera del Sudtirolo aveva mai impiegato prima questa tecnica. Pensate a quale immane fatica è costato tutto questo considerando che si poteva avanzare giornalmente di pochi centimetri con la sottoescavazione e di pochi metri con la polvere nera. Oggi non sarebbe pensabile iniziare un lavoro che vedrebbe la sua conclusione dopo l'avvicendarsi di parecchie generazioni.
Procedendo con lo scavo del giacimento, la quantità del minerale venne a scemare e l'estrazione divenne antieconomica. Nel 1893, con la chiusura dell'impianto, si concluse una tradizione mineraria durata oltre cinque secoli. Nel 1957 si ritornò a scavare per tentare di individuare altre vene ma l'attività cessò del tutto nel 1971.
Negli anni '90 del secolo scorso la galleria maestra venne allestita come galleria da visitare. La vecchia ferrovia di miniera fu riadattata ed il 18 maggio del 1996 i primi visitatori poterono entrare su alcuni vagoncini.
Chissà se quel giorno c'era il sole; oggi, pur essendo ferragosto, il cielo è carico di nuvoloni che promettono pioggia e sconsigliano attività all'aperto. La giornata è ideale per visitare la miniera insieme a Grazia, Giovanna, Raffaele e Domenico; fortunatamente Raffaele ha prenotato la visita il giorno precedente (durante i mesi estivi è sempre raccomandabile per evitare di passare ore ad aspettare il proprio turno, tel. 0474654298). Noi partiamo da Cadipietra ma per chi arrivasse da fuori valle è necessario arrivare a Brunico e qui seguire le indicazioni per la Valle Aurina; proseguire sulla strada di fondo valle fino a superare gli abitati di Predoi e S. Antonio dopo il quale si apre sulla destra un parcheggio dove lasciamo l'auto. Nei pressi si notano suggestivi i ruderi della vecchia fonderia distrutta da una valanga.
Un breve sentiero ci porta all'ingresso dell'opera mentre a metà strada, sulla destra, si distacca un sentiero didattico che prende rapidamente quota e, passando davanti alle gallerie dei livelli superiori, porta fino al punto di affioramento a alla vicina Croce Rossa; la voglia di salire è forte ma il tempo è davvero minaccioso e la temperatura è decisamente autunnale. Ci rechiamo quindi alla biglietteria ospitata nell'antica casa dei topografi
nella quale sono stati anche conservati alcuni ambienti originali (stube, cucina e camera da letto) con arredamenti d'epoca.
Fornite le generalità, ci vengono consegnati i biglietti di ingresso al costo di 8 euro e veniamo indirizzati allo spogliatoio dove indossiamo mantella e casco giallo che contrastano allegramente con il grigiore della giornata. Il trenino (giallo) ci aspetta nella graziosa stazioncina. Ci sono i soliti turisti, che se non stanno vicini di posto, sempre ed ovunque, si sentono persi, che protestano per la sistemazione ricevuta e a nulla servono le rassicurazioni fornite dalla guida a proposito del "viaggio" che dura solo dieci minuti. Finalmente si parte ed il trenino si infila nella vicina galleria.
La temperatura crolla di colpo a 8 gradi è l'aria che colpisce il volto non migliora le cose; fortunatamente siamo tutti equipaggiati con pile e giacche. Viene spontaneo abbassare la testa perché i caschi sembrano toccare le pareti del tunnel. Dopo circa dieci minuti lo sferragliante trenino arriva ad uno slargo dove ci fermiamo; siamo penetrati nella montagna per un chilometro e sopra di noi incombono cinquecento metri di roccia. La guida comincia ad illustrarci le varie opere prima con un filmato e poi con un giro nella galleria St. Ignaz e poi più in giù al livello 6 dove entriamo in una galleria che si infila direttamente nel giacimento di rame che qui è mischiato con la roccia sterile con una percentuale del 2%.
Di tanto in tanto incontriamo manichini equipaggiati come gli antichi minatori e subito la mente vola indietro nel tempo a cercare di immaginare la dura vita delle miniere.
Addentrandoci sempre di più nella miniera, arriviamo ad un impianto, ancora oggi in funzione, con il quale dalle acque delle gallerie si ricava il cosiddetto rame di cementazione; detto impianto consiste in alcune canalette di legno su cui viene convogliata l'acqua che, filtrando attraverso i resti ancora oggi esistenti del giacimento, liscivia rame e zolfo e li porta con se come solfato di rame. In quest'acqua vengono introdotte delle barre di ferro vecchio grazie al quale si estrae il rame dall'acqua. Il ferro, per reazione chimica (scambio di elettroni) è in grado di far precipitare il rame che si scioglie. La fanghiglia che ne risulta contiene circa il 70% di rame (conosciuto come rame di cementazione o precipitato di rame).
A Predoi si ottiene rame di cementazione sin dal 1561. Oggi si tenta di riattivare questo metodo per lo sfruttamento di piccoli giacimenti o di resti di vecchi giacimenti, che, con i costosi metodi di produzione, non possono essere più coltivati in modo redditizio. Da una vicina bacheca in vetro i sette nani ci osservano divertiti sotto lo sguardo perplesso di Grazia.
La visita si conclude davanti all'ingresso del centro climatico di benessere dove viene praticata la speleoterapia: in un ambiente dove il grado di umidità naturale è prossimo al 100%, allergeni e polveri non sono in grado di essere in sospensione nell'aria e pertanto quest'ultima è purissima e crea giovamento ad asmatici e malati alle vie respiratorie in genere.
Al termine della visita che dura circa 75 minuti si ritorna al trenino che ci riporta in breve "a riveder le nuvole"; difatti all'uscita della galleria troviamo una fitta pioggia ad attenderci. Ma ci sono anche alcune gentili signorine che offrono a tutti una mela in una simpatica confezione come augurio per un buon ferragosto.
Il tempo di depositare nello spogliatoio mantella e casco e all'unanimità decidiamo di rifugiarci nella vicina Ignazstube dove prendiamo qualcosa di bollente per scaldarci; l'ambiente è simpatico e si respira aria di festa. Numerosi avventori sono seduti ai tavoli in costume tipico tirolese e i discorsi si fanno lievi. Il maltempo non scalfisce questa giornata di festa.
Qualche ulteriore notizia sulla miniera: il periodo d'apertura va da aprile alla fine di ottobre e l'ultimo trenino parte alle ore 15.
Approfittando della breve tregua che la pioggia ci concede scendiamo al parcheggio e, per concludere il discorso minerario ci dirigiamo alla volta del Museo Minerario a Cadipietra.
2 commenti:
Era la seconda volta che visitavo la miniera ma devo dire che è stato ugualmente entusiasmante. Poi...ogni volta che si visitano luoghi belli ed interessanti si colgono sempre sfumature diverse e si notano particolari prima sfuggiti: ad esempio i sette nani!!!
Anch'io ho visto la miniera ... bella.. accurata e perspicace la tua descrizione.Mi chiedo di ogni luogo come fai ad essere cosi informato e cogliere sempre gli aspetti ed i luoghi maggiormente interessanti..bravo..
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