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Lettori fissi

Un piccolo diario che ha come filo conduttore il mio amore per la montagna e per i viaggi in genere... ma anche pensieri e riflessioni su quello che mi circonda perché il vero esploratore è colui che non ha paura di spogliarsi delle ipocrisie e aprirsi all'ignoto.

domenica 10 agosto 2008

La sella Bila Pec

Da Sella Nevea alla Sella Bila Pec passando per il rifugio Gilberti nel Vallon di Prevala.
Il tempo continua ad essere incerto, con la speranza che possa volgere al bello, butto nello zaino anche una giacca a vento impermeabile e mi dirigo, di buon mattino, in auto verso Sella Nevea. Ci si arriva da Tarvisio, seguendo le chiare indicazioni, percorrendo la SS 54 fino al Lago del Predil dove, poco prima, si svolta a destra e si comincia a salire fino ai 1.190 mt. della sella. Per chi proviene da Udine tramite l'autostrada A23, occorre uscire a Carnia, proseguire fino a Chiusaforte dove (indicazioni in loco) si stacca sulla destra una bella strada che sale in quota per arrivare fino alla nostra sella.
Da sempre utilizzata come alpeggio, Sella Nevea si è sviluppata nei primi anni '70 quando vennero costruiti  alcuni grossi edifici per un totale di duemila posti letto. Tali edifici (condomini e alberghi) per mole ed architettura sono del tutto fuori luogo in un contesto splendido e selvaggio come quello che si stende ai piedi dei gruppi del Canin e del Montasio.
Da questa località parte la strada carrozzabile che in discreta salita porta al paradisiaco altopiano del Montasio dove alcune malghe producono un eccellente formaggio Montasio ma la mia meta è il parcheggio della Cabinovia  per il Canin. Lasciata l'auto e acquistato il biglietto a/r al costo di 7,50 Euro entro nella cabina rossa e attendo la partenza (una corsa ogni 20 minuti). Un gentile operatore arriva, chiude le porte e si parte verso i 1.831 metri della stazione a monte. 
Durante il tragitto di quasi 5 minuti per superare un dislivello di oltre 700 metri, scambio qualche chiacchiera con l'operatore della Promotur che gestisce l'impianto e che quando viene a sapere che ero già stato al Prevala nel '94 mi dice che troverò parecchi cambiamenti; pensando ad uno scherzo gli dico che la montagna d'alta quota mi piace perché non cambia mai nulla. Beh... mi sbagliavo. Già dai finestrini della cabina, all'approssimarsi della stazione a monte vedo una selva di tralicci, cavi, gru, ed impianti di risalita che deturpano orrendamente il mio ricordo di quando quassù c'erano solo il rifugio, la chiesetta e, se non ricordo male, un solo impianto per lo sci. Uscendo dall'edificio della telecabina noto un grosso cantiere con cartelli di avvertono del possibile scoppio di mine; sono appena iniziati i lavori per collegare gli impianti di risalita del versante italiano con quelli del versante sloveno di Bovec per creare un unico grande carosello invernale.
Un poco a disagio per questa selva metallica inaspettata, mi dirigo verso il rifugio poco lontano e a metà strada mi fermo ad una graziosa cappelletta eretta a ricordo dei caduti della 1^ Guerra Mondiale. 
Di fronte a me spicca, su un piccolo rilievo al centro del Vallon di Prevala, il Rifugio Celso Gilberti davanti alle impressionanti pareti calcaree del Canin, del Monte Forato e dell'Ursic che formano una formidabile muraglia di confine con la Slovenia. 
L'edificio in pietra, a tre piani, venne inaugurato nel 1934, incendiato durante la 2^ Guerra Mondiale e successivamente ristrutturato; è di proprietà del CAI - Società Alpina Friulana. In cinque minuti sono arrivato al rifugio alle cui spalle si sviluppa una bella terrazza oggi tristemente vuota in quanto il tempo sta peggiorando e a quanto pare sono l'unico ad essere arrivato qui questa mattina; nuvoloni grigi provengono dal Bila Pec, proprio il posto che vorrei raggiungere. 
Dal terrazzo lo vedo bene, lassù verso ovest; si intravede con difficoltà anche la casermetta che da oltre novant'anni presidia la sella. In attesa che il cielo si apra mi concedo un caffè nel rifugio. All'uscita ancora nubi e allora osservo con attenzione quello che vedo. Salta subito agli occhi la mancanza quasi totale di alberi ma siamo alla quota dove questi non hanno possibilità di crescere. Ma anche l'altra vegetazione non è molto presente; il paesaggio è quasi lunare ma la spiegazione è presto detta. La conca del Prevala e le cime che la delimitano sono composte da calcari incredibilmente lavorati dall'erosione delle acque meteoriche; nei millenni hanno scavato in profondità facendo di questo altopiano il paradiso degli speleologi. Se le acque vengono inghiottite dalle rocce è molto difficile per la vegetazione colonizzare certi ambienti e tuttavia, tra rocce, macereti, accumuli di neve e ghiaioni si notano macchie di verde punteggiate da una incredibile varietà di fiori multicolori. Questo contrasto è affascinante e nei pressi del rifugio è stato realizzato il bel sentiero botanico del Bila Pec di 800 mt. con cartelli esplicativi delle cinquanta specie presenti.
Il cielo non si apre ma neanche piove per cui decido di salire alla sella affrontando il sentiero CAI 632 che condivide il primo tratto con quello botanico. A circa metà della salita una piccola targa metallica scurita dal tempo ricorda la tragica morte di tre grottisti: Marino Vianello, Enrico Davanzo e Paolo Picciola erano tre speleologi della Commissione Grotte Eugenio Boegan dell’Alpina delle Giulie (la mia Sezione CAI di appartenenza). Il pomeriggio del 5 gennaio 1970, usciti dall’abisso Michele Gortani dopo un’abbondante nevicata e un successivo repentino aumento della temperatura, tentarono di raggiungere comunque il rifugio Gilberti andando invece incontro alla morte, seppelliti da una piccola slavina staccatasi dal fianco sud del Bila Pec, a pochi minuti dalla meta. I loro corpi vennero scoperti solo molti mesi più tardi, quando cominciò il disgelo, nei pressi del salto di roccia sul quale adesso mi trovo. 
Un dovuto attimo di raccoglimento e la riflessione sulla prudenza che deve accompagnare qualsiasi escursionista.
Riprendo il percorso e in breve sono sulla sella. Dal Gilberti ho impiegato circa un'ora con le soste per foto ecc. Quì lo sguardo spazia oltre la sella in direzione del Montasio e del suo sottostante altopiano; il sole finalmente fa capolino e l'umore migliora notevolmente. Oltre alla casermetta impiegata nella 1^ Guerra Mondiale, di cui però non ho ulteriori notizie, si nota il sedime del vecchio ricovero Canin costruito dalla Società Alpina Friulana nel 1866 e successivamente sostituito dal Gilberti. 
Poco più avanti la piattaforma adibita a sostenere i piloni d'arrivo della teleferica che partiva dal fondo della Val Raccolana. Oltre la caserma si nota una caverna scavata nella roccia; indossata la lampada frontale, l'esplorazione rivela una galleria lunga una decina di metri. Il lato piacevole è che la frescura del suo interno rinfranca il fisico accaldato. 
Terminato il giro sulla sella proseguo sul sentiero 632 in direzione del Bivacco Marussich. 
Il percorso che si sviluppa senza variazioni di quota è spettacolare ed esposto al sole del mattino; scavato nel versante nord del gruppo del Canin offre spettacolari vedute sul dirimpettaio Jof di Montasio. Il paesaggio continua ad essere lunare ma di tanto in tanto si notano piccoli gruppi di fiori coloratissimi abbarbicati in posizioni incredibili. 
Proseguo per trenta minuti dalla Sella Bila Pec fino a che raggiungo un nevaio in un canalino in ombra; il passaggio è agevole ma, essendo solo e ricordando le basilari regole della prudenza torno indietro godendomi il sole che finalmente ha sconfitto le nuvole. Mi fermo spesso a fotografare panorami e fiori fino a che pervengo di nuovo alla Sella Bila Pec dove scambio quattro chiacchiere con una famiglia di Padova in vacanza nella Val Raccolana. Sono le prime persone che incrocio da quando ho lasciato il rifugio. Dopo aver dato fondo alle ultime gocce della mia borraccia mi appresto a scendere ed in breve sono all'interno dell'accogliente Gilberti. 
Dopo una robusta seconda colazione a base di frico con polenta e strudel di mele decido di gironzolare per il fondo della Conca Prevala; sono molto attratto da questo paesaggio così inconsueto e desolato. Il fondo piatto dell'altopiano è una lunga teoria di ghiaioni, canali di dilavamento delle acque di fusione aciutti ed accumuli di neve nelle zone in ombra. La luce è accecante e si riflette sul paesaggio che è bianco o di un grigio molto chiaro; le macchie di erba sono piuttosto rare. 
Rapito da questo spettacolo decido di salire a Sella Prevala che si trova in posizione diametralmente opposta al Bila Pec. Quando sono oramai a buon punto, la pace ed il silenzio che quassù regnano sovrani vengono bruscamente interrotti da una violenta esplosione. Il rumore è tremendo e amplificato dalla conca nella quale mi trovo; quasi lo vedo che rimbalza da una parete all'altra. Confesso di aver provato spavento ed inquietudine ma dopo una frazione di secondo ricordo il cartello che ho visto appena sbarcato dalla funivia. Oramai la magia è spezzata; una breve occhiata all'orologio mi dice che ho ancora un'ora di tempo prima dell'ultima corsa della telecabina per cui lentamente ritorno verso il centro del Vallon di Prevala per ritornare a Sella Nevea. 
Giro indimenticabile per la singolarità degli ambienti visitati e per l'isolamento della zona; peccato solo per gli impianti di risalita in costruzione e per l'esplosione.

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