In un periodo amaro cosa c'è di meglio che un cioccolatino per addolcire il palato e migliorare l'umore? Ho già parlato in altro post delle "palle di Mozart" ma ci sono anche altri cioccolatini che apprezzo da sempre: mi ricordo che quando ero piccolo e abitavo a Torino, mio padre, che allora lavorava alla Fiat, poco prima di Natale riceveva dall'azienda due pacchi dono per me e mia sorella. All'interno, oltre al giocattolo adatto all'età c'era, immancabile, un sacchetto di dorati giandujotti.
Sarà perché mi ricordano l'infanzia, sarà perché sono uno dei simboli della città dove sono nato, sarà perché sono buoni, questi cioccolatini sono sempre stati tra i miei preferiti.
E anche qui credo sia interessante ripercorrere la storia di questa piccola delizia.
Venne creato nel 1.806 quando Napoleone Bonaparte impose l'embargo all'Inghilterra e il prezioso cacao divenne merce rara. I maestri cioccolatieri torinesi decisero allora di unire quel poco di cacao rimasto con le nocciole tostate delle Langhe (tipico prodotto piemontese) e altri ingredienti minori come mandorle, lupini e frumento. Nacque così il "givu" pesante circa 12 grammi, dalla strana forma di barchetta rovesciata e che fu il primo cioccolatino ad essere incartato.
Fu subito un trionfo, prima nella città sabauda poi in tutta l'Italia settentrionale; la ricetta fu rispettata anche con la fine dell'embargo.
Nel 1.867 la Caffarel-Prochet-Gay, durante il Carnevale, chiama per la prima volta questa pralina giandujotto in onore della mitica maschera torinese.
Agli inizi la lavorazione avveniva manualmente. La pasta veniva lavorata fino ad ottenere un grado ottimale di viscosità, consistenza e fluidità. Alla fine gli artigiani scodellavano il cioccolatino che assumeva la caratteristica forma a barchetta. Successivamente il gianduiotto si ottenne per estrusione, producendo una pasta continua nella caratteristica forma a spicchio, tagliata a mano.
L'estrusione è sopravvissuta alla meccanizzazione della lavorazione e oggi rappresenta l'alternativa alla tecnica della colata nello stampo; in questo modo si ottengono dei cioccolatini meno elastici, meno grassi e dal gusto di nocciola più marcato.
Da quel tempo l'arte dei più noti maestri cioccolatieri torinesi è restata a testimonianza del gradimento di questo prodotto oggi esportato anche all'estero.
6 commenti:
Un paio di chilogrammi da degustare in questa grigia domenica sarebbero certamente un toccasana!
Solo un paio? ...ma dico sei a dieta?
Non avendo di meglio a disposizione divoro barattoli di Nutella...direttamente con la confezione, senza perdere tempo ad aprirla!
Ma guarda. Conosco una persona che quando torna dal lavoro fa di peggio!!!
Ho da poco scoperto "Nutella light", che mantiene il sapore tradizionale del prodotto a zero calorie, provalo!!! :D
Nutella light doesn't exist!!
Are you crazy?
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