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Lettori fissi

Un piccolo diario che ha come filo conduttore il mio amore per la montagna e per i viaggi in genere... ma anche pensieri e riflessioni su quello che mi circonda perché il vero esploratore è colui che non ha paura di spogliarsi delle ipocrisie e aprirsi all'ignoto.

domenica 28 dicembre 2008

Ashura

Chi, come me, si trova a percorrere quotidianamente le strade del Libano e segnatamente quelle che attraversano i luoghi sciiti, in questo periodo avrà notato un tripudio di inquietanti bandiere nere, striscioni sempre neri con scritte arabe, un maggiore afflusso nelle numerose moschee e molto movimento attorno alle husseinie (centri di aggregazione rigorosamente divisi tra uomini e donne). Niente di preoccupante, si tratta dei preparativi per la celebrazione della Ashura, una ricorrenza molto sentita dai Musulmani Sciiti che inizia domani in base al calendario lunare islamico e si protrae per dieci giorni.
Ashura significa letteralmente "il decimo" e fa riferimento al decimo giorno del mese di Muharram dell'anno 61 dell'Egira  (680 d.C.), giorno in cui avvenne la prima guerra intestina del mondo musulmano. 
Nel 632 d.C. a seguito della morte di Maometto, all'interno della comunità musulmana sorsero numerosi contrasti riguardo a chi dovesse prendere il suo posto come guida dei fedeli. La scelta cadde sul suocero del Profeta, Abu Bakr, sebbene alcuni musulmani ritenessero che il ruolo spettasse al cugino, nonchè genero di Maometto, Alì.
Al termine del 656, Alì divenne califfo (capo della comunità), ma fu sfidato da Mu'awiya, valoroso guerriero e governatore della Siria che voleva essere il leader della comunità musulmana.
Dopo cinque anni di comando, Alì fu assassinato e Mu'awiya divenne califfo. La cosa non incontrò il favore degli "Shi'at Alì" (seguaci di Alì da cui il nome Sciiti) che continuarono a sostenere che il ruolo spettasse ai discendenti del Profeta.
Mu'awiya raggiunse un accordo con il figlio maggiore di Alì, Hassan, in base al quale, questi si sarebbe ritirato dalla scena politica. Ciò nonostante gli "Shi'at Alì" continuarono a stringersi attorno al figlio minore di Alì, Hussein, che era, ovviamente, anche nipote di Maometto. Alla morte di Mu'awiya, nel 680 d.C., Yazid, figlio di Mu'awiya, per ottenere la guida della comunità chiese a Hussein obbedienza (bayha) che quest'ultimo, ovviamente, rifiutò.
L'amato nipote del Profeta Maometto, quindi, con la sua famiglia e un manipolo di 72 seguaci, partì dalla Mecca alla volta di Kufa con la speranza di raccogliere ulteriori consensi, ma, durante il tragitto, venne attaccato da Yazid nella desolata piana di Karbala (Iraq); accampatosi sulle rive dell'Eufrate, Hussein trovò l'esercito nemico a sbarrargli la via dell'acqua e venne vinto per la sete. Si narra che l'Imam preso dalla disperazione, uscì dall'accampamento con il figlio di sei mesi morente (Abdullah) in braccio per chiedere dell'acqua e umanità almeno per i bambini presenti ma quello che ricevette fu una freccia che uccise il figlio. Gli assediati capitolarono dopo dieci giorni e furono decapitati.
La moschea dedicata all'Imam Hussein a Karbala, città santa dove il nipote di Maometto fu decapitato (Karim Sahib/Ansa)
E' a questo evento che si fa risalire la scissione fra sunniti e sciiti. Questi ultimi rivendicavano il fatto che dovesse essere Hussein, figlio di Alì, genero di Maometto e primo Iman degli sciiti a succedere al Profeta nella lotta per la leadership del neonato Islam e non Yazid.
La drammaticità e il significato di questi eventi hanno fatto si che la comunità sciita, per amore verso la Ahl-al-Bayt, la famiglia del Profeta Maometto, abbia sempre ricordato i primi dieci giorni di Moharram, ed il decimo in particolare, con riunioni e manifestazioni di cordoglio che hanno contribuito nei secoli a tener vivo il dolore per questo evento e a tramandare l'insegnamento dell'amore assoluto e della fede sincera per Dio e le virtù della pazienza e della resistenza di fronte agli oppressori anche ponendo la propria vita come estremo sacrificio. 
Da allora per il giorno dell'Ashura è dovere di ogni Shiita commemorare il triste fato. Nella condivisione del dolore la sofferenza assume le diverse sembianze dell'auto-flagellazione cadenzato dal ritmico battito delle mani sul petto o con le spade che vengono battute sulla fronte provocando profonde ferite. Queste pratiche sono diventate, comunque, sempre meno comuni per il forte processo di modernizzazione che non risparmia neanche il mondo islamico. Due anni fa ero ancora in Libano nello stesso periodo e non mi è capitato di imbattermi in queste forme estreme di dolore ma si capisce che la ricorrenza è molto sentita e i locali, così sempre aperti e disponibili, per un breve periodo, si chiudono nel loro dolore e nel desiderio di isolarsi. Alcuni Iman, particolarmente ispirati, nei dieci giorni di celebrazione, raccontano episodi commoventi di queste vicende e i fedeli escono dalle husseinie sempre molto provati e commossi. Abbiamo molto rispetto per questo e pertanto le nostre prossime attività dovranno tenere conto di questo periodo particolare.
Alcune informazioni di questo post sono state tratte da un documento dell'Ambasciata Americana in Italia altre sono state raccolte sul posto; personalmente sono restato affascinato da questa storia ma non mi permetto, come mio costume, di esprimere nessun giudizio sulle vicende storiche.
Fedeli sciiti a Karbala con il ritratto dell'Imam Alì (Yannis Behrakis/Reuters)
Un caro saluto.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono senza parole!! Finalmente ho capito perché Sciiti e Sunniti non vanno d'accordo.
Bravo Trekker, si vede che ti piace approfondire le realtà che ti vedono coinvolto: un perfetto viaggiatore, curioso di quello che ti circonda per vivere il tuo tempo e non per subirlo.
Molto interessante.

Ty ha detto...

Interessante!
Ti anuguro delle buone e serene feste.
Ty.

Trekker ha detto...

Grazie Ty.
Buona serata.

Wulfenia ha detto...

Molto interessante la tua spiegazione sulla origine della divisione tra sunniti e shiiti che a dire il vero io proprio non la conoscevo.....
spero tu abbia trascorso un sereno natale.
a presto.

Trekker ha detto...

Non sei l'unica... ma mi rendo conto che si tratta di storie piuttosto lontana nei luoghi e nei tempi; credo, comunque, che dovremo prendere confidenza con queste cose... la globalizzazione avanza.
Il mio Natale è stato piuttosto sereno e passato con la mia squadra davanti ad una pizza... ora le cose sono cambiate purtroppo.
Un caro saluto.

Anonimo ha detto...

Grazie per aver dato vita a questo post esaustivo che ci aiuta a comprendere meglio le abitudini locali.