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Lettori fissi

Un piccolo diario che ha come filo conduttore il mio amore per la montagna e per i viaggi in genere... ma anche pensieri e riflessioni su quello che mi circonda perché il vero esploratore è colui che non ha paura di spogliarsi delle ipocrisie e aprirsi all'ignoto.

sabato 9 agosto 2008

Il forte Hensel a Malborghetto

Sin dalla prima volta che ho preferito la statale della Valcanale all'autostrada A23 per la possibilità di godermi con più calma il paesaggio, mi ha colpito un monumento situato nei pressi della galleria che perfora l'ultimo sperone della testa (o chiusa) di Malborghetto e che, per ubicazione e lontananza dal centro abitato, ne fa un angolo isolato, quasi dimenticato; 
una breve iscrizione in tedesco non aiuta il passante a capire cosa rappresenti, non vi sono cartelli turistici, solo un tavolo da pic-nic e qualche fioriera fanno compagnia ad un bellissimo leone in bronzo trafitto ed accasciato su un fascio, il tutto dominato da una piramide in marmo grigio. 
Un paio di volte nel passato ho scorto dalla strada una vecchia corona di fiori appassiti (di quelle che si usano per le commemorazioni) ai suoi piedi ma il felino è sempre in aristocratica solitudine del tutto disinteressato al traffico della vicina statale. 
Poi, una domenica di ottobre del '92, il mio amico Gianni e suo fratello Luciano mi telefonano per propormi una visita ai resti del forte di Malborghetto che in qualche modo associo al monumento in questione. Giunti sul posto, mi accorgo che l'associazione non era errata in quanto il forte, del tutto nascosto alla vista dalla statale, si sviluppa sul promontorio che sovrasta la piramide. Nel corso della visita rinveniamo tra le erbacce una targa con la scritta Fort Hensel ed Hensel è il nome che appare sull'iscrizione del monumento ma c'è una incongruenza: nella stessa iscrizione c'è una data risalente al 1809 mentre il forte è stato impiegato durante la 1^ Guerra Mondiale. Sono rimasto per parecchi anni con un punto interrogativo su questo luogo anche perchè, all'epoca, Internet, era una cosa per pochi eletti, e i testi in mio possesso non citavano nulla sulla storia di Malborghetto. 
Recentemente ho trovato sul WEB un estratto di un interessante libro di Paolo Foramitti "L'assalto. Malborghetto 1809 tra gli Asburgo e Napoleone" per i tipi delle Edizioni del Confine che fornisce dettagli affascinanti sulla realizzazione del forte e sulla figura eroica  del suo costruttore e difensore: il capitano Friedrich Hensel. Ne riporto qualche breve accenno. 
La costruzione del forte di Malborghetto iniziò alla fine di agosto del 1808, sembra su indicazione dell'Arciduca Giovanni d'Asburgo, fratello dell’'Imperatore Francesco I, che, all'epoca, era Direttore Generale dell'Arma del Genio. 
La direzione dei  lavori fu affidata al capitano del Genio Friedrich Hensel, un giovane ufficiale nato nel 1781 a Kronstadt in Transilvania.

Hensel  aveva da poco compiuto ventisette anni  quando giunse a Malborghetto. 
Ai tempi dell'accademia risaliva la cameratesca amicizia che univa Hensel al capitano Johann Hermann von Hermannsdorf, suo coetaneo e anch'egli capitano del genio;  i due ufficiali si erano entrambi ritrovati impegnati nei lavori di fortificazione della zona di confine intorno a Tarvisio, l'uno incaricato di Malborghetto e l'altro del Passo del Predil.
Per compiere lavori che richiedevano una numerosa manodopera si ricorreva sempre ai soldati di fanteria o dei civili, e nei lavori di fortificazione presso Malborghetto vennero impiegati i soldati di un reggimento di fanteria reclutato in Ungheria, il 52° Reggimento Arciduca Franz Carl, assieme alla milizia territoriale, Landwehr di Marburg, l'odierna Maribor. Le truppe rimasero alloggiate per tutto l'inverno nel paese. 
Qui le vittorie riportate dall'esercito austriaco e il suo addentrarsi in Italia furono vissuti dalla popolazione con un senso di sollievo poiché vedevano allontanarsi il pericolo di uno scontro nelle vicinanze delle loro case.  
(Ma le cose non andarono bene per l'Austria e così...) Mentre i francesi risalivano con difficoltà il corso del Fella lungo il Canal del Ferro e le  truppe asburgiche percorrevano la Valcanale in direzione di Villaco, il 13 maggio l'Arciduca Giovanni  compì  un’ultima ispezione alle opere di  difesa di Malborghetto.  Il capitano Hensel (...) aveva sin a quel momento provveduto a far completare le opere di difesa. Gli ordini che aveva ricevuto gli prescrivevano che all'avvicinarsi del nemico avrebbe dovuto redigere un'istruzione per il comandante del forte, un ufficiale che sarebbe stato  appositamente destinato a tale compito, e lasciare la postazione seguendo il resto  dell'esercito in ritirata. La tradizione vuole che nel corso della visita dell'Arciduca, Hensel abbia chiesto direttamente al  suo comandante in capo di concedergli l'onore di assumere il comando della guarnigione che si apprestava a sostenere l'urto del nemico, nonostante fosse consapevole delle molte carenze  dell'opera difensiva e delle poche truppe che avrebbe avuto a sua disposizione.  L'Arciduca acconsentì, e il suo commiato da Hensel sembra sia avvenuto in presenza della guarnigione schierata in rassegna nella piazza di Malborghetto. Prima di partire, l'Arciduca rivolse a Hensel queste parole:  "Lei  ha costruito queste forti opere e lei saprà anche  difenderle!",  alle quali il giovane ufficiale rispose:  "Vostra Altezza Imperiale, voglio meritare la fiducia accordatami, che merito sin d’ora”.  L'Arciduca si accomiatò da Hensel con un'ultima stretta di mano, sali su un carro militare e partí verso Villaco.  
Fu forse in quella stessa serata che gli ufficiali austriaci si ritrovarono con gli abitanti più eminenti del paese per un'ultima cena all'osteria Ressmann di Malborghetto.  Uno dei presenti si augurò che la nomina a comandante del forte potesse divenire il motivo della promozione di Hensel al grado di maggiore, ma il capitano rispose: "Lo chiami  piuttosto la tomba di  Hensel!" e civili e soldati brindarono insieme "all'arrivederci  all'aldilà" e sembra che Hensel abbia anche rivolto queste parole: "Questo forte sarà la tomba mia e dei miei compagni; ma una tomba meravigliosa come quella di Leonida alle Termopili"  In serata tutti i convitati, ai quali si erano uniti altri abitanti di Malborghetto, si diressero  insieme a Hensel e ai suoi ufficiali sino ai piedi del forte, dove avvenne l'ultimo commiato, mentre già si sentiva l'eco dei primi combattimenti in corso nella vallata.  Da quel momento Hensel non tornò più a Malborghetto, e rimase sempre sul promontorio del  Tschalawài (così veniva chiamata la formazione rocciosa su cui sorgeva il forte) preparandosi all’imminente attacco nemico, anche perchè l'ufficiale al quale era stato affidato il comando di una fortificazione aveva I'obbligo di non allontanarsi mai dal perimetro difensivo.  
Con i 350 uomini della guarnigione, il capitano Hensel si apprestò nella notte del 15 maggio a resistere all'attacco diretto che i Francesi avrebbero ben presto effettuato contro la fortificazione.  Le relazioni francesi riportano che "'Tutta la giornata del 16 fu impegnata per ricognizioni  attorno  al forte di Malborghetto".  Altre fonti indicano che nella prima mattinata uno o due parlamentari vennero inviati dai Francesi per intimare la resa del forte. Questi fecero notare a Hensel "che non poteva resistere al valore delle truppe francesi, dalle quali era investito da tutte le parti, cosa che lo metteva nell’impossibilità di ricevere qualsiasi soccorso, e che se per un capo vi era dell’onore da difendersi, quando la cosa pareva possibile, era temerarietà, per non dire un crimine, esporre la vita dei militari che si trovavano sotto i suoi ordini alle terribili conseguenze di una piazza presa d’assalto, mentre  capitolando, poteva contare su tutta la lealtà della nazione francese". A fronte di questo lungo discorso, è rimasta memoria della breve risposta con la quale Hensel rifiutò la resa e rimandò indietro i due parlamentari dicendo loro "lo ho  l'ordine di difendermi e non di trattare” .  
Il capitano Hensel fece una ultima ispezione alle truppe e rivolse un nuovo invito alla resistenza, che fu tradotto, poiche fosse da tutti ben compreso, nelle varie lingue o dialetti parlati dai soldati che componevano la guarnigione, Croati, Boemi, Ungheresi e ben pochi "Austriaci propriamente detti ". 
Il capitano Hensel era, sino a quel momento, rimasto nella parte più alta del promontorio, da dove poteva meglio seguire lo svolgimento dell'azione, ma vedendo il nemico irrompere nelle fortificazioni, riunì intorno a se un gruppo di croati e si lanciò alla loro testa incontro agli invasori. In quell'istante Hensel fu raggiunto da una palla di fucile che lo feri di striscio alle tempia sinistra,  ma coprendosi la ferita con un fazzoletto continuò a correre verso il nemico gridando "Coraggio, camerati!".  Continuando a combattere, Hensel fu più volle trafitto dai colpi di baionetta dei granatieri francesi che avevano già travolto il reparto che lo seguiva, e che oltre a lui uccisero tutti quelli che non si arresero. 

Secondo un'altra versione dei fatti, dopo essere stato ferito, il capitano Hensel cadde subito al suolo, dove venne finito dagli attaccanti a colpi di baionetta e con il calcio di fucile, mentre il parroco Hartwig di Malborghetto dice che "una fatale pallottola colpì il suo petto eroico". Anche una testimonianza francese, lasciata dal generale Guillaune de Vandoncourt,  conferma che il capitano Hensel venne ucciso durante l'assalto: "il comandante fu ucciso all'attacco della galleria blindata", indicando in tal modo una delle batterie, che si trovavano nella parte bassa delle fortificazioni.  
Vicino al Palazzo Veneziano, a Malborghetto, ancora sorge l'antico edificio dell'osteria Ressmann, luogo di ritrovo degli ufficiali austriaci impegnati nelle costruzione del forte. Oggi  presso "Antica Trattoria da Giusi", è conservato un ritratto a stampa del capitano Hensel. La facciata dell'edificio era ornata fino alla prima guerra mondiale da una targa che ricordava la frequentazione del luogo da parte dei difensori del forte nel 1809, poi asportata.  A Villaco, nel Museo della Città, Stadtmuseum, e conservato il pianale di legno del tavolo, che apparteneva in origine dall'osteria Ressmann, dove si dice che il capitano Hensel abbia trascorso con gli amici "le ultime ore liete della sua vita". 
Oggi può essere difficile capire e ancor più condividere le motivazioni che portarono il capitano Hensel a rifiutare la resa e ad esporre se stesso ed i suoi uomini alla morte, quando ormai lo scopo di ritardare l'avanzata nemica era stato raggiunto ed egli ben sapeva che non avrebbe potuto fermare l’assalto di migliaia di francesi.  Gli Asburgo ne fecero un eroe, ma il più sincero e rispettoso commento al suo sacrificio venne scritto dal generale francese Jean Jacques Pelet, veterano delle guerre napoleoniche: "I difensori non si ritennero svincolati dalle loro obbligazioni verso il capo che li sacrificava senza necessità? Fosse stato anche forzato di partire improvvisamente, il principe non avrebbe dovuto autorizzarli ad abbandonare, in un tempo prestabilito, delle semplici postazioni che non erano affatto completamente terminate? Ma questi valorosi si sono votati all’Onore. Tale è il rigore del dovere militare, che impone l'obbligo di far tacere la ragione e tutti i sentimenti personali. Onore ai valorosi Austriaci, al capitano Hensel e ai suoi ufficiali, che divennero illustri per la più eclatante delle difese! Soccombendo, meritano l’ammirazione dei vincitori ".
Oggi di quel forte non rimane niente; fu incendiato e distrutto dai francesi. Mi pare di ricordare di aver letto su un cartello del Museo Storico Militare delle Alpi Giulie che anche dei corpi delle numerose vittime si sia persa qualsiasi traccia; i Francesi seppellirono frettolosamente i morti di ambedue le parti in una fossa comune nei pressi di Malborghetto di cui si è persa la memoria e pertanto, da qualche parte,  gli eroi di una battaglia dimenticata riposano indisturbati da duecento anni.
Attorno alla metà dell'800 gli Austriaci, che nel frattempo si erano riappropriati dei loro antichi possedimenti, decisero di fortificare nuovamente il sito dedicando le nuove costruzioni al loro illustre eroe. Rimodernato più volte in conformità ai progressi tecnici dell'epoca, il Forte Hensel era costituito da due blocchi (A in alto e B più in basso di circa 50 metri); erano collegati da camminamenti coperti e protetti da muraglioni. Nel blocco A si trovavano la caserma difensiva,  una batteria corazzata di due obici M5 da 100 mm. e un bastione circolare a due piani dotato di 4 cannoni M4 calibro 90. Nel blocco B, invece, a distanza di circa 150 metri, c'erano due torrette gemelle di ghisa temperata, armate ognuna con due cannoni da 120 mm. con feritoia ad apertura minima ed una batteria corazzata di quattro cannoni sempre da 120 e con lo stesso tipo di feritoia. Intorno al forte trovavano posizione reparti di Fanteria per il contrasto di eventuali attacchi ravvicinati  ed altre batteria mobili di Artiglieria leggera.
Sin dall'inizio del 1° Conflitto Mondiale, l'Artiglieria italiana sottopose ad un bombardamento infernale le strutture del forte. In 50 giorni erano stati lanciati 2.267 colpi di grosso calibro per oltre 350 tonnellate di granate. Ma le casematte resistettero sbarrando agli Italiani il passo della Val Canale. Col tempo i cannoni austriaci furono postati all'esterno della struttura e costrinsero l'Artiglieria avversaria ad aumentare il settore di tiro riuscendo a sottrarre qualche bocca da fuoco al bombardamento. Il blocco B fu gravemente danneggiato dalle granate da 305 mm.  che uccisero due Ufficiali e 17 Artiglieri; i colpi partirono da due micidiali obici ubicati nei pressi di Dogna a circa 12 km. di distanza.
Al termine della Guerra, la cifra totale dei colpi sparati contro il Forte Hensel fu stimata di 4.500 granate di grosso calibro delle quali 200 centrarono le costruzioni riducendole in un cumulo di macerie; ciò nonostante la Fanteria Italiana non osò mai attaccare il forte. Gli osservatori che aggiustavano il tiro delle artiglierie erano appostati sui rilievi del versante sud della Val Canale con punti di osservazione su Due Pizzi, Piper e Jof di Miezegnot.
In seguito anche gli Italiani occuparono quel rilievo realizzando batterie in gallerie nella roccia sottostante al forte e mascherando le feritoie con pannelli amovibili di eternit ed altro materiale di mascheramento. Ne era vietato l'accesso e c'era il divieto di scattare fotografie. 
Da una ventina d'anni su questo sperone di roccia e sulle sue strutture è calato il silenzio; la vegetazione sta lentamente coprendo tutto e risulta non agevole riconoscere le strutture. La situazione è di molto peggiorata rispetto alla mia visita del '92; ricordo di aver percorso alcune gallerie nel sottosuolo il cui ingresso oggi non è più individuabile. Per la visita occorre prestare grande attenzione e, possibilmente, non essere soli. E' consigliabile parcheggiare l'auto nei pressi del monumento ad Hensel ed imboccare la strada (dismessa) che gira attorno allo sperone costeggiando il fiume Fella. In breve si arriva all'altro capo della galleria che passa sotto il rilievo che ci apprestiamo a salire. Con la dovuta attenzione attraversiamo la statale e davanti a noi si presenta un sentiero in salita piuttosto agevole. Saliamo tenendoci a sinistra ed in breve siamo di fronte allo zoccolo roccioso nelle cui viscere c'erano le postazioni di Artiglieria italiane puntate sulla sottostante statale per impedire una eventuale invasione dall'ex Jugoslavia. Il tempo ha fatto parecchi danni perché tiranti e leveraggi che servivano ad abbassare le lastre di mascheramento per scoprire le volate degli obici hanno ceduto; 
inoltre, la strada che percorriamo e che doveva essere servita a far transitare mezzi pesanti e le artiglierie è ridotta ad un sentiero "amazzonico" con la presenza di erbacce infestanti ed alcuni alberi caduti che occupano la vecchia sede stradale. 
Andando comunque avanti si arriva a quello che, a mio avviso, è il manufatto meglio conservato: il sentiero si allarga come a formare una minuscola piazza erbosa (probabilmente qui gli automezzi effettuavano manovre per tornare indietro) e proprio di fronte a noi tra la vegetazione si nota un muro con una minuscola porta; avvicinandoci notiamo che sotto questa porta c'è una iscrizione nella roccia (una specie di targa) che riporta il nome del forte. 
Ora si deve fare grande attenzione nell'affacciarsi a quella che poi si rileva una finestra e che guarda nell'interno di uno degli edifici del blocco B; il vecchio edificio, nel seguire la conformazione del terreno, presenta l'ingresso dalla parte opposta, una ventina di metri sotto il livello della finestra dalla quale stiamo osservando. Il rudere è comunque imponente ed esprime tuttora un'idea di robustezza assoluta. Chiudendo gli occhi mi sembra quasi di sentire gli ordini secchi che gli ufficiali austriaci impartivano alle truppe per difendere il forte dal fuoco italiano; mi pare di avvertire la tensione e la paura di non poter tornare ai propri affetti e la determinazione a resistere comunque.
Sul fianco destro dell'edificio notiamo, sotto di noi, altri ruderi più rovinati ai quali è pericoloso avvicinarsi; di fronte, tra la vegetazione, si indovina l'ingresso di un tunnel al di sotto del piano di calpestio della radura su cui ci troviamo; indossata la frontale scendo nel tunnel di un metro e proseguo in linea retta per una ventina di metri al buio fino ad arrivare ad un gomito a destra che dopo pochi metri porta ad una postazione con feritoia che serviva a proteggere l'ingresso delle gallerie italiane. 
Ritornato sui miei passi ed uscito al sole noto sulla destra in salita una traccia di sentiero che porta più in alto al blocco A. Il sentiero non presenta difficoltà particolari se non che occorre fare attenzione a non smarrire la traccia, che, talvolta, si perde tra la vegetazione. In breve siamo alle strutture del blocco A: non è rimasto molto se non qualche muro e la base di una torretta probabilmente in origine corazzata. 
Sul punto più alto del sito la vista sulla sottostante Val Canale è spettacolare e si apprezza il motivo per cui questo sperone di roccia era importante per il controllo degli accessi.
Dopo aver gironzolato in quota scendo al blocco B alla ricerca del corridoio coperto che collegava i due blocchi e che ricordavo di aver visto nel 92. Dopo essermi avventurato tra la vegetazione riesco ad individuarlo; due muri bassi e massicci coperti da una volta a botte, una cinquantina di metri in discreta salita con alcune feritoie sulla destra e il pavimento ricoperto da sfasciumi lapidei. Entro nella struttura e la risalgo con molta prudenza, al termine della parte coperta non ho individuato la possibilità di proseguire ma, d'altronde, mi avrebbe riportato al blocco superiore dal quale ero appena sceso. 
Tornando indietro, la discesa nel corridoio è stata piuttosto difficoltosa per le pietre che rotolavano giù appena sfiorate dagli scarponi, le antiche pareti non erano di grande utilità per appoggiarsi in quanto si sbriciolavano al solo contatto con le mani. Arrivati alla base, con uno stile non certo impeccabile, pongo fine alla visita del Forte Hensen. 
Mi rendo conto di essere stato lungo ma, nella considerazione che in giro sulle montagne ci sono fortificazioni meglio conservate e più gratificanti da visitare, era importante sollevare il velo sulle singolari vicende di questo luogo quasi dimenticato.
La mattinata si può concludere all'Antica Trattoria da Giusi  nel cui locale si trova un piccolo museo con reperti originali di allora e la riproduzione del tavolo su cui Hensel cenò per l’ultima volta. Consiglio di provare qualche piatto dei loro menù tipici o storici. La Trattoria è chiusa il lunedì e il martedì.
Per la cartografia di riferimento segnalo il foglio 19 delle Edizioni Tabacco ma non è di molta utilità in quanto il sito era zona militare e non sono riportati i sentieri citati.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie per la citazione e complimenti per l'ottima esposizione. Ad un presto arrivederci!
Alsido Giuseppina

Sissi ha detto...

Bella e esaustiva pagina d'informazione.. peccato che non è conservato al massimo.. sarebbe da vaolorizzarlo meglio tale forte e non dimenticare o far finta che non esista.. un saluto

Trekker ha detto...

Sissi,
sono perfettamente d'accordo con te.

Fabrizio ha detto...

L'inizio dell'articolo è esattamente ciò che è successo a me!
Anch'io ho percorso la statale invece dell'autostrada, anch'io ho visto un leone di bronzo, e ne sono rimasto colpito (anche per motivi personali), anch'io mi sono fermato a vedere di cosa si trattava, anch'io non sono riuscito a comprendere a causa della scritta in tedesco; ma sono riuscito a tirar fuori una data: Hensel, 1809.
Mi sono avvicinato al leone per la prima volta ieri notte, ed oggi ho trovato questo sito, e questo ottimo reportage, del quale ti ringrazio per aver appagato la mia curiosità.
Prossimo ad una nuova spedizione, mi accingo a visitare il forte, come te; spero di non fare la fine di Hensel.

Trekker ha detto...

Poni attenzione, il forte non è sorvegliato e ci sono pericoli di crolli.
Fammi sapere.
Ciao.

Marco Annalisa ha detto...

Oggi dopo aver visitato il Monte Lussari mi sono fermata in una piazzola per mangiare con la mia famiglia ed ho scoperto il monumento Hessel; peccato non ci sia neanche un cartello con qualche spiegazione... ma grazie a te ho scoperto tutta la storia e grazie ancora per le altre idee per il fine settimana da passare con la mia famiglia nel nostro bel Friuli.

Simone ha detto...

ho visitato il forte ai primi del mese. purtroppo la vegetazione ha ulteriormente coperto i sentieri, rendendoli pressoché inesistenti. non sono riuscito, in particolare, a trovare il sentiero in salita verso il gruppo A. che peccato, con una posizione così in vista, sia dalla statale che - ancor di più - dall'autostrada, richiamerebbe visitatori con la sola presenza, se fosse mantenuto come merita.
un ringraziamento per la testimonianza

Marco P ha detto...

grazie per la segnalazione!!! magari in stagioni con meno vegetazione (primavera autunno o inverno se non c'è neve) i sentieri sono più visibili! pagina messa tra i preferiti !!! =)